Il governo studia il "tetto" agli aumenti per i manager

Zangrillo dopo il caso Brunetta: "Nella Pa si potranno superare 240mila euro solo per merito e performance"

Il governo studia il "tetto" agli aumenti per i manager
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Giorgia Meloni accelera per evitare altri casi Brunetta. A breve verrà diffusa una direttiva prima del Dpcm che presenterà, probabilmente entro fine anno, il ministro per la Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo, d'accordo con la premier e con il titolare dell'Economia Giancarlo Giorgetti, dove verranno istituiti nuovi criteri per scongiurare aumenti di stipendio ingiustificati dei dirigenti pubblici. A Palazzo Chigi è stata tanta l'irritazione per lo scatto in avanti di Renato Brunetta, presidente del Cnel, tra i primi a dare seguito alla sentenza della Corte costituzionale dello scorso luglio che ha fatto saltare il tetto degli stipendi pubblici stabilito nel 2014. Una decisione inopportuna per Meloni, infastidita anche dal fatto di non essere stata informata, che ha portato Brunetta a una repentina retromarcia anche per evitare "strumentalizzazioni in grado di danneggiare la credibilità dell'istituzione". Il tetto era stato inserito in un momento di difficoltà, in cui bisognava stringere la cinghia. Secondo la Consulta, però, un'emergenza non può durare dieci anni e quindi quel tetto è stato considerato illegittimo.

Adesso l'obiettivo del governo è quello di legare la retribuzione a dei parametri oggettivi, in primis il merito e quindi la produttività e i risultati ottenuti, con delle fasce stipendiali che terranno conto anche dell'impegno sostenuto e della responsabilità richiesta dall'incarico. Non si tratta di stabilire aumenti, che nell'immediato, assicura Zangrillo, non ci saranno. E non c'è nessuno che è autorizzato ad alzarsi lo stipendio in virtù del fatto che non c'è più il tetto. Coloro che possono ritornare automaticamente alla retribuzione che percepivano prima del 2014, sono soltanto un numero ristretto di dipendenti pubblici, ossia quelli che - una decina di grandi dirigenti dello Stato - prima della definizione del tetto avevano uno stipendio superiore. Per tutti gli altri "stiamo lavorando insieme al ministero delle Finanze per definire una disciplina che incida nel graduare le retribuzioni dei dirigenti - spiega Zangrillo - in ragione delle performance e del contenuto di ruolo di ciascuno. È chiaro che ruoli più complessi prevedono retribuzioni più elevate". Ovviamente, però, senza poter superare il nuovo tetto, quello del primo presidente della Cassazione che è pari a 311 mila euro. Su questo, Zangrillo è in linea con Giorgetti e anche con Meloni, con la proposta che verrà presto formulata e presentata a Palazzo Chigi.

Intanto non si fermano le polemiche su Brunetta, nonostante il suo passo indietro. Per il capogruppo di Forza Italia in Senato, Maurizio Gasparri, Brunetta "ha fatto bene" a revocare la decisione. Mentre il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, ne fa una questione di comunicazione: "I giornali, anche quelli di sinistra, dicono che Meloni ha stoppato Brunetta nel suo intento di aumentarsi lo stipendio. Meloni non ha stoppato Brunetta, Meloni ha salvato il Cnel e Brunetta. Ha restituito soldi e potere al Cnel e fa finta di essere la moralizzatrice che riduce lo stipendio".

Perché "se Brunetta ha uno stipendio - aggiunge Renzi - è grazie a Meloni che gli ha fatto una leggina per derogare alla legge del mio governo che impediva ai pensionati come lui di avere una doppia retribuzione mantenendo anche la pensione".

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