Il 4 marzo sarà election day. Gli elettori italiani voteranno sia per il rinnovo di Camera e Senato che per eleggere i presidenti delle Regioni Lombardia e Lazio con le rispettive assemblee. Al Nazareno si riaffaccia l'incubo cappotto: il segretario dei democratici Matteo Renzi, avvilito dai sondaggi, che danno il Pd in costante calo di consensi, e con una coalizione che si sfalda giorno dopo giorno, ha provato a fermare l'ipotesi dell'accorpamento delle due consultazioni elettorali, temendo il tracollo sia alle politiche sia alle regionali. Missione fallita. Ieri, intorno alle 13, è arrivata la doccia gelata: il ministro dell'Interno Marco Minniti ha comunicato che il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e il prefetto di Milano Luciana Lamorgese, sentito anche il governatore della Lombardia Roberto Maroni, hanno fissato per domenica 4 marzo 2018 la data di svolgimento delle elezioni regionali nel Lazio e in Lombardia. Gli stessi presidenti hanno chiesto al Viminale di gestire, sulla base di specifici protocolli d'intesa, le rispettive operazioni elettorali. Si attende ora il via libera anche per l'election day in Molise la cui data del voto non è stata fissata. «Non esiste alcun impedimento formale o sostanziale per celebrare nello stesso giorno le elezioni Regionali del Molise e le elezioni politiche», fanno sapere i soggetti promotori di Ulivo 2.0. Nel 2018, oltre a Lombardia e Lazio, che sono le due regioni più popolose e i cui riflessi del voto ricadranno sul piano nazionale, si voterà in cinque regioni. In Basilicata e Valle d'Aosta le assemblee regionali saranno rinnovate in autunno mentre Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige decideranno autonomamente in base in allo statuto speciale.
La corsa verso le urne accelera anche le trattative per l'individuazione dei candidati. Giochi fatti in terra lombarda, con il centrodestra che riconferma l'uscente Maroni mentre il Pd schiera Giorgio Gori. Dialogo aperto nel Lazio tra Lega, Fratelli di Italia e Forza Italia sulla scelta del candidato da mettere in campo contro l'uscente Zingaretti. L'election day apre però un nuovo caso politico nel Pd: Renzi si era mostrato tiepido sulla soluzione di una tornata elettorale unica per Politiche e Regionali. Il titolare del Viminale ha, invece, sconfessato il segretario del partito. Se il capo dello Stato Sergio Mattarella si è tenuto fuori dallo scontro tra le forze politiche sulla data del voto, mentendo il ruolo di arbitro, a pesare sarebbero stati i contrasti nelle ultime settimane, non ultimo sulle candidature, tra Renzi e Minniti. La richiesta del rottamatore è caduta nel vuoto anche perché sia Zingaretti che Gori si erano espressi a favore dell'election day.
Compatto il centrodestra sulla data del 4 marzo. Il governatore Maroni: benedice la decisione: «Bene, sono soddisfatto. L'election day fa risparmiare e fa andare al voto i lombardi un solo giorno». ll primo a chiedere l'accorpamento del voto era stato, nel mese di novembre, Silvio Berlusconi che, in un appello al Presidente della Repubblica, aveva sottolineato l'importanza dell'election day sia per limitare l'astensionismo che per un risparmio di almeno 500 milioni. Subito dopo, Giorgia Meloni e Matteo Salvini.
Il leader del Carroccio ha accolto con euforia la scelta di Minniti: «Il 4 marzo sarà una festa di liberazione nazionale e di conferma di vent'anni di buongoverno in Lombardia». Commenti e festeggiamenti a parte, la parola ora passa agli elettori.
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