È incerto fino all'ultimo l'accordo tra gli stati membri in vista del Consiglio Ambiente straordinario di oggi in cui si discute l'obiettivo climatico dell'Ue che fissa il taglio delle emissioni del 90% entro il 2040. La proposta nasce dalla Commissione europea di Ursula von der Leyen (in foto) che la scorsa estate ha presentato un piano di riduzione delle emissioni rispetto al 1990 con la possibilità di esternalizzare il 3% dei tagli grazie ai crediti internazionali di carbonio. Il voto sarebbe dovuto avvenire lo scorso settembre ma il Consiglio Ue lo ha rinviato per permettere una discussione più approfondita tra i leader europei e trovare un compromesso tra le diverse posizioni. Si è così arrivati a una nuova proposta presentata dalla presidenza danese che aumenta la flessibilità per arrivare all'obiettivo. La quota del 3% dei crediti di carbonio verrà ridiscussa con Italia e Francia che chiedono di aumentarla al 5% e la Polonia al 10%, così come verrà rivista la data di entrata in vigore al 2036 con vari paesi che spingono per antipatia al 2031 e una data di compromesso che si potrebbe trovare al 2034.
Nella bozza del nuovo testo sono aggiunge alcune flessibilità rilevanti come una revisione su base biennale degli obiettivi, inoltre viene introdotto un freno d'emergenza in caso di carenze negli assorbimenti naturali di CO2 "garantendo che eventuali carenze non vadano a discapito di altri settori economici, fatta salva la possibilità per gli Stati membri di utilizzare le rimozioni naturali in eccesso per compensare le loro emissioni in altri settori". Questa flessibilità non è stata accolta positivamente dai paesi più ambiziosi in ambito climatico come la Spagna, i Paesi Bassi, la Svezia o la Slovenia che hanno espresso la loro contrarietà nella riunione degli ambasciatori Ue.
Nell'incontro di oggi la Commissione Ue è rappresentata dal commissario Wokpe Hoekstra e ci si aspetta che vengano annunciate nuove aperture sulle politiche green che, sebbene non siano incluse nella legge climatica, possono contribuire alla sua approvazione come l'anticipo della revisione del regolamento sulla Co2 per le auto entro la fine del 2025 o la revisione dell'Ets2. La maggioranza degli stati membri, compresa l'Italia, vuole infatti ricevere rassicurazioni su una maggiore flessibilità sulle politiche ambientali e un cambio di rotta rispetto all'approccio degli anni passati ritenuto troppo ideologico. Il negoziato è delicato anche perché capita in concomitanza con l'inizio della Cop30, la conferenza globale sul clima, che inizierà il 10 novembre a Belem in Brasile e in cui l'Unione europea deve presentare il proprio contributo relativo alla riduzione delle emissioni entro il 2035. La presidenza danese è ottimista sul raggiungimento di un accordo: "Riteniamo che tutti gli ingredienti necessari per raggiungere un accordo siano presenti. Conosciamo le posizioni degli Stati membri, disponiamo di orientamenti chiari provenienti dai massimi livelli politici e abbiamo sul tavolo gli elementi fondamentali necessari.
Con l'avvicinarsi della Cop30, è giunto il momento di concordare l'obiettivo per il 2040". In effetti, già al Consiglio Ambiente di settembre, i ministri per l'Ambiente avevano firmato una dichiarazione di intenti con una possibile soglia di riduzione tra il 66,25% e il 72,5% delle emissioni al 2035 con l'obiettivo di indicare in seguito una cifra derivata dalla traiettoria lineare verso l'obiettivo del 90% per il 2040.
Se la posizione europea alla Cop30 deve essere approvata all'unanimità, la legge climatica richiede la maggioranza qualificata (almeno 15 stati che rappresentano il 65% della popolazione Ue) rendendo perciò più percorribile un accordo.