Grillo caccia il mini direttorio «Finiamo di darci martellate»

Il leader sbarca a Roma per riportare l'ordine: liquidati i tre del vertice capitolino dopo i pasticci sulla giunta

Ci voleva il deus ex genua per rimettere a posto gli ingarbugliati fili pentastellati capitolini. Beppe Grillo è arrivato e ha commissariato i Cinque Stelle romani, ridisegnando gli assetti e gli equilibri di potere interni e richiamando all'ordine tutti. A cominciare dalla Raggi, esclusa dalla due giorni di incontri con capo, ma assolta con riserva, pur dovendo rinunciare a malincuore a Marra e - da ieri - anche al neo assessore al Bilancio De Dominicis, reo di non incontrare «i requisiti previsti dal M5S» (e indagato pure lui per abuso d'ufficio). Per continuare con il «mini direttorio» romano - Paola Taverna, Fabio Massimo Castaldo e Gianluca Perilli - che dopo aver lavorato con la sindaca per assemblare la giunta che ha poi perso pezzi, si è ritrovato sfiduciato in casa, e così adesso annuncia sul blog del leader il proprio scioglimento, ufficialmente perché ormai la «macchina amministrativa» è partita.

A spingerla, in caso di bizze del motore, che finora non sono certo mancate, resta proprio lui, Beppe, con il Direttorio del Movimento. Ieri Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio, Roberto Fico e Carlo Sibilia (tutti tranne Carla Ruocco) hanno incontrato Grillo all'hotel Forum per fare il punto sul da farsi. Ma anche l'organismo di vertice di M5s esce rimaneggiato dal meeting, anche se i cinque componenti restano gli stessi. Di certo dopo gli ultimi, caotici giorni scendono le quotazioni di un febbricitante Di Maio, scivolato sulla questione dell'email su Paola Muraro indagata, pronto a chiedere scusa per la «sottovalutazione» della questione ma, di fatto, sopravanzato da Alessandro Di Battista.

È «Dibba», reduce dal tour per il «No» al Referendum, l'uomo scelto da Grillo come suo alter ego per sovrintendere le operazioni di ripartenza del laboratorio Campidoglio, primus inter pares nel Direttorio pentastellato che fa da garante per il prosieguo dell'esperienza di governo romana, benedetta dall'hashtag «#siamotutticonvirginia». E non è casuale l'«investitura» pubblica, sul palco di Nettuno, quando Grillo ha elogiato il parlamentare romano che per riempire le piazze «non ha bisogno di me né di nessuno».

La strategia di ricompattamento e rilancio, però, è tutta farina del capo, che l'ha tessuta in due giorni romani fitti di incontri e cene riservate, con la parentesi pubblica di Nettuno, tappa obbligata e quanto mai opportuna per tranquillizzare la base soprattutto sull'unità interna, il punto su cui più di ogni altro Grillo ha ribadito a tutti la necessità di non transigere, rievocando - con Di Battista, Di Maio, Fico e Sibilia - il tafazzismo. «Basta darsi martellate sulle palle - avrebbe strillato l'ex comico ai suoi fedelissimi - ora barra a dritta e pedalare».

Insomma, il tempo delle «cazzatine» - per usare il termine con cui Grillo a Nettuno ha derubricato il pasticciaccio capitolino - è finito, come quello delle divisioni. E l'unità da ritrovare passa anche per l'altro punto della strategia, che rispolvera l'accusa ai «poteri forti» che ostacolano il lavoro degli onesti e il sospetto verso i giornalisti.

Due obiettivi indicati alla base nei comizi e nei messaggi sui social. Per compattare il Movimento e, magari, far riflettere gli attivisti un po' meno sulle regole etiche a geometria variabile adottate ultimamente dei pentastellati. Che a Roma «silurano» De Dominicis ma salvano la Muraro, a parità di indagini a carico.

Ma in fondo non è una novità, visto che a Livorno il sindaco Filippo Nogarin, fedelissimo di Grillo, è rimasto in carica anche se indagato (con un suo assessore), mentre a Parma il «dissidente» Pizzarotti si è ritrovato sospeso a tempo indeterminato al primo avviso di garanzia.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica