Bisogna credere molto nei diritti della difesa per accettare quanto avviene ieri nell'aula del tribunale di Tempio Pausania dove vengono processati i quattro giovanotti genovesi - tra cui Ciro Grillo, figlio di Beppe - accusati di stupro di gruppo. Si sapeva che il controinterrogatorio di Silvia, la coetanea italo-norvegese che accusa i quattro di averla violentata a turno, sarebbe stato impegnativo, faticoso, duro. Ma quanto accade ieri fa dire a Giulia Bongiorno, difensore della ragazza, che «in Italia capita spesso che la persona che ha denunciato improvvisamente sia sul banco degli imputati».
E sul banco degli imputati Silvia ieri ci si è sentita davvero, sottoposta a raffiche di domande di cui è difficile capire la rilevanza. Perché ha lasciato la scuola cattolica? Con quanti ragazzi è andata a letto? Al Billionaire ha baciato Ciro Grillo? «È per verificare la sua credibilità», spiegano i difensori degli imputati. Ma la sensazione è che invece si voglia trarne un profilo psicologico di Silvia, l'immagine di una ragazza sessualmente disinvolta, come se questo aiutasse a capire cosa accadde davvero la notte del 16 luglio 2019, nella villa di Beppe Grillo in Costa Smeralda.
Lei, Silvia, un po' regge e un po' crolla. Come già il giorno prima ha momenti di difficoltà, scoppi di pianto che costringono il giudice a sospendere l'udienza. Ma riesce ad arrivare in fondo. Ed è pronta a tornare in aula il 14 e 15 dicembre, quando le domande dei difensori arriveranno alle fasi finali di quanto accadde a casa Grillo, a ridosso dell'alba.
Sarà anche più dura di ieri, ma è una sua scelta, lo ha voluto lei. I legali dei ragazzi ieri spiegano ai giornalisti che se fosse stato per loro l'interrogatorio di Silvia si sarebbe potuto evitare, bastava che i suoi difensori dessero l'okay ad acquisire i verbali riempiti durante le indagini preliminari. Vero. Ma c'è una spiegazione. «Sin dall'inizio - spiega Giulia Bongiorno - loro volevano evitare che lei venisse in aula. Ma lei ha fatto una denuncia per fatti gravissimi ed è evidente che li vuole ribadire davanti al tribunale. Loro volevano evitare questo, invece lei li ha ribaditi per due giorni di fila». È stato, dice la Bongiorno, un passaggio doloroso ma necessario per mettere il proprio racconto all'esame diretto del tribunale chiamato a giudicare, per dare ai giudici il polso concreto della sua attendibilità. È un racconto che è entrato nei dettagli cruciali dello stato di lucidità o di incoscienza in cui la ragazza si trovava al momento dei rapporti sessuali: «Lei - racconta ancora Giulia Bongiorno - ha detto che quella sera ha bevuto tantissimo, che non ha mangiato nulla, e che alla fine dopo avere bevuto è stata costretta a bere mezza bottiglia di vodka mischiata a qualcos'altro senza aver mangiato, mentre la temevano con forza. E che a quel punto non ha capito più nulla. Durante le violenze ha visto nero».
Di quei momenti esiste un video, sequestrato sul telefono di uno dei giovani.
I difensori degli imputati chiedono che sia proiettato in aula la prossima volta, Silvia non lo ha mai visto e non ha la forza di guardarlo. Il video dura pochi secondi, è esplicito su quanto sta accadendo, ma - secondo chi l'ha visto - non fa capire nulla sul tema decisivo: Silvia era brilla ma lucida, o era un corpo senza volontà?
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