Gruppi misti, a LeU le due presidenze

Sono 27 a Montecitorio e 10 al Senato. Numeri però destinati a crescere

Gruppi misti, a LeU le due presidenze

Roma Sarà per effetto del Rosatellum bis, sarà per una campagna elettorale poco indovinata. Fatto è che il gruppo misto di Camera e Senato infoltisce i suoi ranghi. Almeno rispetto alla passata legislatura. A Palazzo Madama si passa dai sette senatori del 15 marzo 2013 agli attuali 10. A Montecitorio, invece, all'inizio della XVII legislatura i componenti erano 27 mentre ora sono 9 in più. L'esperienza ci insegna che sono numeri destinati a gonfiarsi. Tanto che a Montecitorio, al febbraio scorso, si contavano 60 deputati. Una transumanza, questa, che si spiega con le divergenze politiche all'interno dei gruppi di origine e che, a volerlo rendicontare con acribia offrirebbe tra le pagine più significative (e suggestive) della storia politica degli ultimi lustri. A Montecitorio ieri è stato eletto come presidente del gruppo Federico Fornaro di Liberi e Uguali. E non poteva che essere espressione di questo partito la presidenza: LeU, pur riuscendo a superare la soglia di sbarramento del 3%, non è stata in grado di portare a Montecitorio un minimo di 20 deputati per costituire una «squadra» propria. Nel gruppo (14 parlamentari) anche Laura Boldrini, Pierluigi Bersani, Roberto Speranza e Stefano Fassina. Nel limbo del gruppo misto al momento anche cinque espulsi del Movimento 5 Stelle e quattro rappresentanti delle minoranze linguistiche. Stesso copione al Senato dove è stata eletta (anzi riconfermata) Loredana De Petris (LeU). Anche a Palazzo Madama LeU ha la maggioranza (quattro in tutto tra cui l'ex presidente: Pietro Grasso). Nel gruppo i soliti «fuoriusciti» dalle file dei pentastellati (Carlo Martelli e Maurizio Buccarella), due senatori a vita (Mario Monti e Liliana Segre), e la veterana Emma Bonino.

Visti i numeri è difficile che nel prossimo futuro i due gruppi misti possano essere determinanti nel dare o togliere la fiducia al governo. Però c'è vita nel gruppo. Pino Pisicchio, già presidente a Montecitorio nella scorsa legislatura, si considerava un portiere d'albergo: «i colleghi non facevano che entrare e uscire».

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