Guerra in Ucraina

La guerra si mangia il Pil: crescita a "zero virgola"

L'energia assorbirà il 3% della stima per il 2022. Ma il governo per ora non farà nuovo deficit

La guerra si mangia il Pil: crescita a "zero virgola"

La festa appena cominciata è già finita. L'inflazione dell'energia e la crisi provocata dalla guerra in Ucraina rischiano di incenerire il 3% del Pil nel 2022. È quanto sottolineano una ricerca di Confcooperative e Censis presentata ieri e intitolata La guerra dell'energia. Considerato che la Commissione Ue ha rivisto già al ribasso le stime di crescita dell'Italia quest'anno a poco più del 4%, in linea con la media comunitaria, se tale scenario si concretizzasse, il nostro Paese tornerebbe ai tassi di incremento asfittici registrati fino al 2019. Insomma, l'euforia e l'entusiasmo generati dalla ripresa e dal Pnrr sarebbero solo ricordi sbiaditi.

«Un macigno che potrebbe mandare in default 184mila imprese che danno lavoro a 1,4 milioni di persone e rappresentano il 10,9% del valore aggiunto del sistema produttivo», ha commentato Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative. L'incidenza dei fallimenti sarebbe maggiore fra le imprese dei servizi (20,5%) e fra le piccole (21,3% nella classe 3-9 addetti). Secondo Gardini, «per un'economia di guerra occorrono misure di guerra» come la compensazione automatica dei 60 miliardi di crediti di imposta vantati dalle imprese nei confronti della Pa con i debiti d'imposta. «Questo sarebbe particolarmente utile per la disponibilità di cassa delle imprese che si stanno indebitando per pagare la bolletta elettrica triplicata rispetto allo scorso anno», ha concluso il presidente di Confcooperative.

La richiesta delle coop, tuttavia, si infrange contro uno scoglio che si chiama scostamento di bilancio. È chiaro che se la crescita si riducesse a questione di decimali, i rapporti debito/Pil e deficit/Pil (nel 2021 al 150,3%) resterebbero particolarmente elevati e dunque, anche in caso di ulteriore proroga al 2023 dello stop al Patto di Stabilità, non sarebbe consentito un eccesso di indebitamento viste le condizioni iniziali. Tanto più che la Bce non pare disposta a rimodulare la progressiva stretta monetaria (con l'aumento dei tassi) resa necessaria dalla salita dell'inflazione.

Ecco perché il Consiglio dei ministri, che dovrebbe svolgersi domani, impronterà gli interventi contro il caro-energia alla sobrietà. Stamattina, intanto, il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, riferirà al Senato degli orientamenti del governo definiti nel pre-Consiglio di ieri. Ma la sostanza dovrebbe rimanere sempre la medesima. L'idea di fondo è adottare la stessa soluzione ideata dalla Francia (il ministro degli esteri transalpino Le Drian sarà invitato alla riunione): uno sconto trimestrale di 15 centesimi sul costo dei carburanti. I 400 milioni stimati di extragettito Iva da benzina e diesel non sono, però, sufficienti per una misura che dovrebbe costare intorno agli 1,5 miliardi di euro. Per tutto il resto sarà obbligatorio attendere il Consiglio Ue della prossima settimana per avere l'ok alla tassazione degli extraprofitti delle aziende energetiche in modo da avere più risorse disponibili nonché per verificare qualche progresso sulla possibilità di imporre un tetto ai prezzi del gas.

Senza scostamento bisognerà fare di necessità virtù.

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