I 5 quesiti rischiano il flop ed Elly non mobilita il partito. Ora è aria di crisi con Landini

La consultazione sul lavoro (e la cittadinanza) allarga il fossato tra democratici e sindacato

I 5 quesiti rischiano il flop ed Elly non mobilita il partito. Ora è aria di crisi con Landini
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Tra il Pd e Maurizio Landini tira aria di crisi. Tutta colpa del referendum. La segretaria Elly Schlein teme il flop del quorum alla consultazione, che si terrà l'8 e il 9 giugno, per abrogare la legge sul jobs act. Motivo per cui Schlein e i suoi hanno tirato il freno a mano e non vogliono battersi anima e corpo per i referendum di Landini. Basta interpellare a taccuini chiusi i vari Furfaro, Ruotolo, Boccia per aver idea del gli umori al Nazareno: «Sarebbe un errore clamoroso di Elly mettere la faccia su un referendum il cui esito (fallimento) è scontato. Perché regalare una vittoria così facile a Meloni?». Certo, dal punto di visto politico la linea del Pd è per il sostegno ai referendum di Landini. La decisione è stata approvata in direzione nazionale. Ma il piano pratico è un altro. E qui che si vede come i dem abbiano rallentato. Tant'è che lo stesso Landini ieri si è lasciato andare a uno sfogo: «Questo referendum non è per questo o per quel partito, è un voto che permette di migliorare i diritti di chi lavora. Le persone col loro voto possono decidere, non è che devono delegare qualcuno, possono decidere loro di migliorare i loro diritti e le loro condizioni, quindi è importantissimo essere qui a parlarne». Rispolverando poi l'antica polemica sullo spazio in tv: «Finora le tv e i giornali non hanno fatto un'informazione, tante persone non sanno che c'è il referendum. C'è un problema di scarsa informazione. C'è una parte di Paese che non sa che ci sono i referendum. Facciamo questi referendum per i giovani è un disastro, c'è una precarietà senza fine, ci sono salari troppo bassi, si muore sul lavoro. Quindi è il momento di provare a cambiare questa situazione». Nel Pd non c'è solo il timore di caricarsi un flop. E' aperto anche l'altro punto dolente che riguarda il referendum: un pezzo di partito, da Franceschini a Guerini, è schierato contro. Lo stesso presidente del Pd Stefano Bonaccini non vuole l'abrogazione del jobs act. Anche quella legge l'ha voluta il Pd. E una campagna elettorale contro il centrodestra su questo tema si trasformerebbe in un massacro per il Pd. Schlein rischia di schiantarsi. Renzi e Conte meritano un capitolo a parte. Il leader di Iv, ormai inseparabile di Schlein e ospite fisso nei talk di sinistra, è stato l'ispiratore della legge sul jobs act. Con l'onestà che gli va riconosciuta Renzi ha dichiarato che voterà no all'abrogazione del jobs act. Posizione coerente e lineare.

C'è però un dettaglio, che al Nazareno non sottovalutano: nelle tribune elettorali Renzi potrebbe trovarsi contro Schlein o Boccia (con cui sta costruendo alleanze nei comuni al voto). Un pastrocchio. L'unico a beneficiarne dello scontro tra Pd e Landini è Giuseppe Conte che ha posizionato il Ms5 per il sì. Non tifa per la vittoria di Landini, sia chiaro. Ma per ricavarne qualche voto nel fronte Cgil.

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