
Per pietà, niente Birkenstock, siamo alla Scala. No, nemmeno con le unghie pastello pittate dalle cinesi. A teatro torna il dress code. Che non vuol dire presentarsi impinguinati dalla testa ai piedi, né arrivare in abito lungo. Ma con un po' di decoro, quello sì. O almeno, non in bermuda e ciabatte, non in canotta e Adidas, non con il marsupio. Anzi, quello andrebbe forse bandito dalla faccia della terra e punto.
Il cafonal look non è più tollerato. Dai, non è che possiamo uscire da Mc Donald's con il Cocacolone da finire e la cannuccia mezza masticata e infilarci nei loggioni come se andassimo in un multisala. Ogni luogo ha la sua metrica.
Negli ultimi anni il pubblico ha esagerato. D'accordo, la cultura è per tutti, il bello dell'arte non conosce classe sociale. Ma c'è un limite al cattivo gusto. In realtà il dress code alla Scala ufficialmente non era mai stato cancellato ma negli ultimi anni semplicemente non veniva fatto rispettare. Non si tratta di regole draconiane, ma piuttosto di una serie di indicazioni minime elencate anche nei cartelli che sono stati sistemati all'ingresso e in biglietteria: niente canotte, niente pantaloncini corti e neppure infradito. Si tratta di regole che vengono fatte rispettare dalle maschere con una certa dose di buon senso, ma anche con l'avvertimento che chi non entra non si vedrà rimborsare il biglietto. Ad esempio: il divieto di canotta c'è ma ovviamente non vale se si tratta di un top smanicato elegante indossato dalle signore. Idem il no alle infradito. Non vale se si tratta di sandali-gioiello eleganti.
"La direzione invita il pubblico a scegliere un abbigliamento consono al decoro del Teatro, nel rispetto del Teatro stesso e degli altri spettatori" si legge sul sito.
Era stato il sovrintendente uscente Dominique Meyer a invocare tolleranza, anche perché in gioventù, ha raccontato più volte, era stato redarguito per il look "da operaio" dai suoi vicini di palco una delle prime volte che era andato all'Opéra a Parigi (di cui poi è diventato direttore generale). "Mi importa che i giovani vengano, non come sono vestiti" aveva detto. Ma in realtà non sono tanto i giovani la questione, anzi molto spesso hanno look più formali o eleganti di persone più anziane, quanto a volte gli stranieri con improbabili look da turisti. Il discorso ha in realtà un aspetto più generale sui comportamenti da tenere a teatro. Discorso che la Scala affronterà anche con un articolo sulla rivista del teatro che sarà pubblicato sul cartaceo nel numero di settembre (ma a breve leggibile online). La questione quindi non è solo relativa all'abbigliamento. E infatti un altro dei divieti riguarda cibo e bevande che non possono essere portati dall'esterno alla Scala. Senza contare che nel tempo il bon ton teatrale è cambiato.
Con l'avvento degli smartphone sono arrivati gli appelli, spessissimo inascoltati, in tutti i teatri del mondo, a non fare video e foto durante la rappresentazioni. Alla Scala è anche stato esplicitamente chiesto di non appoggiarsi alle balaustre per evitare imbarazzi e incidenti. Non molto tempo fa uno spettatore in platea è stato colpito da un telefonino precipitato dall'alto.