
«A noi non spetta decidere se Stasi è colpevole o innocente. Noi ci occupiamo di eseguire la sua condanna e di fargli rispettare le regole, tutto qui». Fr ancesca Nanni, procuratore generale di Milano, appare sinceramente sorpresa del clamore suscitato dalla notizia di ieri: la sua decisione di fare il possibile per rispedire Alberto Stasi in galera, a scontare la pena che gli è stata inflitta come autore dell'omicidio di Garlasco, revocandogli la semilibertà. «La nostra richiesta alla Cassazione risale a oltre un mese fa», dice la Nanni. Ma già un mese fa si era nel pieno dei nuovi scenari aperti dalla inchiesta-bis della Procura di Pavia, convinta che Stasi sia innocente e che il vero assassino di Chiara Poggi sia Andrea Sempio, amico di suo fratello Marco. Nella sarabanda di rivelazioni, dubbi e polemiche sollevate dai nuovi scenari investigativi, uno dei pochi elementi sdrammatizzanti era il fatto che Stasi attendesse gli sviluppi da semilibero, passando in carcere solo le notti dal lunedì al venerdì, come gli era stato concesso dal tribunale di Sorveglianza l'11 aprile scorso, dopo dieci anni trascorsi in cella a Bollate.
Ora invece, la svolta. La Procura generale di Milano, che già a marzo si era opposta alla concessione del beneficio, ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo la revoca della sentenza del tribunale. Il motivo è sempre lo stesso: l'intervista rilasciata da Stasi alle Iene senza il permesso del tribunale di Sorveglianza. È una violazione che lo stesso tribunale aveva considerato un peccato veniale, «considerato il tono pacato dell'intervista», e non in grado di macchiare il percorso carcerario senza intoppi, in cui l'ex bocconiano «ha sempre manifestato empatia e sofferenza verso la vittima». La Procura generale, a quanto pare, non è d'accordo. Se la Cassazione dovesse accogliere il ricorso, Stasi non finirebbe blindato in cella: avrebbe comunque la possibilità di accedere al lavoro esterno, come negli ultimi due anni, ma con spazi di vita assai meno ristretti di quanto gli consentirebbe la semilibertà.
Non è paradossale che nello stesso momento in cui i magistrati della Procura di Pavia mostrano di considerare Stasi innocente, altri magistrati vogliano invece vederlo di nuovo in cella? «Se mi si chiede - dice il procuratore generale Nanni - se motivazioni di opportunità avrebbero dovuto spingerci a lasciar perdere, rispondo che l'opportunità o meno non è un criterio cui siamo chiamati ad attenerci. E non siamo nemmeno chiamati a valutare lo stato di avanzamento delle nuove indagini della Procura di Pavia. Noi abbiamo davanti una sentenza definitiva. Le regole sono state violate e agiamo di conseguenza. Peraltro non è che buttiamo via la chiave, se anche la Cassazione dovesse accogliere il nostro ricorso Stasi tra qualche mese potrebbe nuovamente fare domanda di semilibertà».
«Siamo tranquillissimi», dice Giada Bocellari, una dei legali di Stasi, «la vicenda dell'intervista è già stata ampiamente chiarita». Oltretutto, dopo quell'unica uscita pubblica, Stasi ha assistito in silenzio a due mesi di sovraesposizione mediatica del caso di Garlasco, con la sua foto ripetuta all'infinito, vecchie accuse rilanciate e veleni di paese tornati ad alimentare i falò dei media.
La sua aspirazione adesso è attendere fuori dai riflettori la fine della nuova inchiesta sulla morte di Chiara. Ma poi, se la Procura di Pavia dovesse chiedere il processo per Sempio, partirà con la sua battaglia. Da semilibero o dalla cella.