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Dopo i rivali, galera per preti e scrittori. Ortega punta il romanziere dissidente

Mandato di cattura per Sergio Ramirez, il principe della penna che ha guidato la rivoluzione sandinista. Ma lui sta all'estero

Dopo i rivali, galera per preti e scrittori. Ortega punta il romanziere dissidente

San Paolo. «In Nicaragua grava sul popolo un silenzio plumbeo. C'è terrore ad esprimersi e non si fanno sondaggi perché la gente non si fida neanche dei sondaggisti. Oggi il mio paese somiglia all'Argentina di Videla». È un grido di dolore che colpisce il cuore quello di Sérgio Ramírez, 79enne prestigioso scrittore (primo nicaraguense ad avere vinto il premio Cervantes sorta di Nobel della letteratura del mondo ispanico), storico del sandinismo nonché ex vicepresidente (1985-1990) dell'oggi dittatore Daniel Ortega, che l'altroieri ne ha ordinato l'arresto con accuse tragicamente ridicole. «La dittatura della famiglia Ortega mi ha imputato attraverso la Procura, e davanti ai suoi giudici, dei reati di incitamento all'odio e alla violenza, di lesione dell'integrità nazionale, e di altri che non ho ancora avuto il tempo di leggere, gli stessi reati per i quali molti degni e coraggiosi nicaraguensi sono oggi imprigionati nelle celle di quella stessa famiglia» racconta Ramírez, poco dopo l'ordine di cattura nei suoi confronti. Oggi lo scrittore arriva in Spagna dal Costa Rica perché è in tournée fuori dal Nicaragua per presentare il suo ultimo romanzo Tongolele non sapeva ballare. Solo per questo non è ancora finito dietro le sbarre, come suoi tanti, troppi concittadini innocenti. «Le dittature mancano di immaginazione e ripetono le loro bugie, la loro furia, il loro odio e i loro capricci» sorride amaro e triste per un esilio «destinato a durare sino a quando Ortega rimarrà al potere». Il Premio Cervantes 2018, che partecipò alla rivoluzione sandinista di fine degli anni '70 e con Ortega governò il paese centroamericano nel primo governo del post guerra civile, ricorda: «Non è la prima volta che accade nella mia vita. Nel 1977 la famiglia Somoza mi accusò con i suoi giudici di reati simili a quelli di oggi - terrorismo, associazione illecita per delinquere e lesione dell'ordine e della pace - quando combattevo quella dittatura, così come ora sto combattendo quest'altra». Significativo che lo scrittore ritragga nel suo ultimo romanzo Tongolele non sapeva ballare proprio la megalomania e gli abusi di potere di una coppia al potere con cui è stato legato per molti anni dall'impegno politico che ha segnato la storia del suo paese: la rivoluzione sandinista. Nel libro Ramírez traccia un ritratto brutale di Ortega e di sua moglie, la vicepresidente Rosario Murillo, che «da tempo hanno rapito il mio Paese con la violenza, imprigionato gli avversari, messo a tacere le voci critiche e assassinato gli studenti ribellatisi nel 2018». Una radiografia dettagliata della tragedia che vive il Nicaragua, lo scrittore usa i suoi romanzi per denunciare la corruzione e i crimini del regime. Ed è per questo che Ortega, il suo vecchio compagno, adesso vuole la sua testa. Il satrapo che vede ovunque terroristi e che questa settimana ha nuovamente sbroccato in un discorso di fronte alle forze di Polizia definendo i vescovi ed i preti del Nicaragua dei «demoni in tonaca» oltre che «esseri satanici». La loro unica colpa è quella di criticare la dittatura e difendere i nicaraguensi dalla ferocia di Ortega, garantendo loro rifugio nelle chiese. «Sono terroristi della tonaca, demoni travestiti da preti, che quando si cercava una via d'uscita non violenta, nel 2018 (a suo dire oggi non violenta visto che furono gli sgherri sandinisti ad uccidere oltre 300 persone, ndr) si sono bagnati le mani di sangue».

Folle.

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