«B usiness as usual» «tutto come sempre» ripetevano ieri gli alfieri del «politicamente corretto» citando i servizi televisivi in cui, all'indomani del massacro di Westminster, si vedeva il Ponte sul Tamigi attraversato dalla solita folla spensierata. Citando lo slogan di un'Inghilterra chiamata a resistere alle bombe da Hitler infilavano però una sviante cantonata. Se gli inglesi del 1940 erano una forza omogenea e compatta pronta a combattere all'unisono la Germania gli inglesi del 2017 sono un corpus privo d'identità religiosa e sociale, diviso e lacerato. Una popolazione profondamente infiltrata dall'estremismo di alcune componenti delle comunità islamiche trasformatesi nell'humus in cui germinano lupi solitari e fede jihadista. Per capirlo basta guardare a Birmingham, la città da un milione di abitanti da dove arriva Khalid Masoud, il 52enne ex delinquente comune trasformatosi, mercoledì, in massacratore nel nome di Allah e dello Stato Islamico. In una Birmingham costellata da oltre duecento moschee i musulmani sono ormai il 21,8 per cento della popolazione, un quarto del totale se ai dati del censimento si aggiungono immigrati e irregolari sfuggiti ai rilevamenti. Ma il problema maggiore è quanto avviene nella metropoli dalle duecento moschee.
A Birmingham nel 2014 le autorità scoprono e denunciano l'esistenza di un vero e proprio complotto islamista denominato «Trojan Horse» (cavallo di Troia). Il piano, messo a punto da da un gruppo salafita, punta ad estromettere attraverso minacce ed intimidazioni maestri, professori e presidi dalle cattedre di 24 scuole pubbliche per sostituirli con insegnanti di provata fede jihadista. Un'aspirazione peraltro giustificata dai numeri e dalla demografia. Secondo il censimento del 2011 la maggioranza degli oltre 278mila giovani in età scolare della città è composto da 97mila musulmani a fronte di appena 93 mila cristiani mentre i restanti appartengono a fedi che vanno dall'ebraismo all'induismo e al buddismo. Ma questa città calderone e multiculturale è anche la città dove nel 2013 viene fermata una cellula di Al Qaida composta da 7 aspiranti kamikaze pronti a reiterare le stragi del 7 luglio 2005, costate 52 morti, con l'obbiettivo di quadruplicare il numero delle vittime.
Ma Birmingham non è un caso isolato. Se qualcuna delle televisioni al lavoro ieri sul ponte di Westminster si fosse spostata di qualche chilometro a Est addentrandosi tra le torri di Tower Hamlets avremmo scoperto un sobborgo nel cuore di Londra dove la popolazione musulmana supera il 32 per cento e dove i ragazzi musulmani in età scolare sono 34mila e 500 contro gli appena 9000 superstiti di fede cristiana. Il vero problema non è però l'irresistibile crescita demografica delle comunità musulmane, quanto il mancato controllo di quella parte della comunità fisiologicamente esposta al contagio estremista. Un sondaggio di Channel 4 del 2006 su un campione di mille musulmani rileva che il 26 per cento sognava un'Inghilterra trasformata in uno stato Islamico. Un dato assolutamente analogo a quelli di Francia e Italia. Oltralpe, stando ad uno studio dell'Istituto Montaigne, il 28 per cento dei 4 milioni dei musulmani vuol sostituire le leggi dello stato con quelle della sharia. Da noi, secondo una tesi di Michele Groppi ricercatore del King's College di Londra, il 24 per cento dei musulmani «sostiene la violenza in nome di Dio». Questi dati omogenei fanno capire che almeno uno su quattro dei circa 2milioni 700mila musulmani inglesi è potenzialmente vicino alle tesi della jihad. E a rendere il tutto più serio s'aggiunge la tolleranza delle autorità britanniche che hanno legittimato l'esistenza di 85 tribunali islamici riservati ai musulmani.
Tribunali basati sulla sharia a cui è permesso emettere sentenze nell'ambito del matrimonio e dell'arbitrato economico. Tribunali che certificano l'esistenza di comunità non più assoggettate alle leggi dello stato, ma a quelle dell'Islam. Comunità pronte a trasformarsi in vivai della jihad e dei lupi solitari.
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