I trans non sono donne

Il sesso biologico è scritto nel patrimonio genetico e non può essere cambiato. Si può solo modificare il genere con interventi e cure ormonali

I trans non sono donne

Le persone trans non sono donne. Una sentenza, quella emessa nel Regno Unito un mese fa, che ha fatto molto rumore. Ci sono volute 88 pagine vergate dalla Corte Suprema per definire che chi è nata donna resta donna, per certificare che la neonata appena uscita dall'utero materno durante il parto, dopo lo sguardo del ginecologo sui genitali, viene registrata di sesso biologico femminile, una condizione definita e definitiva, senza che in futuro possa essere cambiata in alcun modo. Ed in effetti da secoli, e da quando esiste l'anagrafe, il sesso di un neonato viene registrato dal personale medico e ostetrico in base alla semplice osservazione dei genitali esterni.

Per la scienza però, il sesso biologico, oltre a essere determinato e certificato a occhio, sulla base dei caratteri somatici esterni, è soprattutto quello inscritto nel patrimonio cromosomico, un dato innato ed immodificabile dell'identità sessuale, soprattutto un fatto incontrovertibile dal punto di vista genetico e scientifico.

Fatta eccezione per alcune cellule (sperma, ovociti e globuli rossi) ogni altra singola cellula del nostro corpo contiene 23 coppie di cromosomi, per un totale di 46, più una coppia di cromosomi fondamentali per determinare lo sviluppo dei caratteri sessuali, che sono diversi nei due generi, poiché le femmine ne hanno due uguali (XX), uno ereditato dal padre e l'altro dalla madre, mentre i cromosomi maschili sono sempre due ma differenti (XY), il cromosoma X ereditato dalla madre e quello Y dal padre.

La sentenza del Regno Unito in pratica ha stabilito che il termine «donna» debba essere riferito esclusivamente ad una persona nata di sesso biologicamente femminile (XX), escludendo di fatto da tale denominazione tutte quelle persone che, pur essendo nate uomini (XY) si definiscono «donne transgender», anche se in possesso di un certificato di riconoscimento di genere (Grc). A Londra la sentenza, che ha fatto prevalere la scienza sull'ideologia, è stata accolta come una decisione epocale, che cancella anni di condizionamento imposti dal movimento Lgbt, e il documento aggiunge che una persona transgender ha tutto il diritto di dire e fare ciò che vuole del proprio corpo, ma chi nasce donna resta donna, e chi nasce uomo resta uomo, per tutta la vita.

Oltre all'ideologia, esiste una grande ignoranza scientifica sulle nozioni di sesso e di genere, oggi all'origine di violenti dibattiti d'opinione, due cose ben distinte, al punto che si è diffusa l'idea che cambiare genere equivale a cambiare sesso, ma il «genere» è una nozione socioculturale, ovvero legata a fattori ambientali e culturali, mentre il «sesso» è una nozione biologica che è impressa nel Dna del proprio patrimonio genetico, che è innata ed immutabile.

Si può quindi certamente cambiare genere quando lo si desidera, con gli ormoni o con la chirurgia, ma non si può assolutamente cambiare il sesso biologico ignorando l'effetto dei geni dei cromosomi sessuali, che proseguiranno a lavorare indisturbati all'interno di ogni organo, continuando geneticamente a rimarcare le differenze tra uomini e donne, quelle che non possono essere invertite o distrutte con nessuna terapia medica o chirurgica. Dal momento però che il «cambiamento» di sesso rientra nell'alveo intoccabile dell'autodeterminazione della persona e attiene ai suoi diritti personalissimi, lo Stato non può costringere nessuno, in nessun modo, a determinati percorsi clinico-medici per ottenerlo e modificarlo fisicamente.

La Corte Costituzionale infatti, con la sentenza n.221 del 21 ottobre 2015, indica che la condizione per «cambiare sesso», ai fini del percorso di rettificazione anagrafica, porta ad escludere l'obbligo di intervento chirurgico per realizzare l'adeguamento dei caratteri sessuali, e rimette al singolo individuo la scelta delle modalità attraverso le quali realizzare il proprio percorso di transizione, per cui oggi se un Mario vuole diventare Maria, può farlo anche solo con la terapia ormonale (per la crescita del seno, la perdita dei peli e della barba, la morbidezza della pelle, la modulazione della voce o l'allargamento del bacino ecc), ma prima o poi arriverà un giudice della Cassazione o della Consulta che affermerà che i caratteri sessuali desiderati possono avere natura anche soltanto psicologica e non necessariamente fisiologica, per cui quel Mario che si sente Maria, pur essendo biologicamente un uomo, avrà già modificato dentro di sé la percezione ed il convincimento dal punto di vista psicologico, cioè quel tanto che basta per cambiare nome all'anagrafe, ed egli otterrà il tutto senza alcuna terapia ormonale o chirurgica, ma semplicemente con una autocertificazione.

È quanto già accaduto, per la prima volta in Italia, un caso unico, con una sentenza del Tribunale di Trapani che ha dato il via libera al cambio di nome e identità di genere, senza alcun intervento terapeutico, ad una persona transgender di 53 anni, che da Emanuele è diventato Emanuela, pur conservando intatto il proprio organo sessuale maschile. Questa sentenza certamente aprirà nuovi scenari, potrebbe condurre a rivalutare molte certezze scientifiche riconosciute da secoli, poiché, se è giuridicamente legittimo cambiare sesso all'anagrafe quando si vuole, il dato genetico impresso nei cromosomi diventerebbe irrilevante, come anche quello fisico.

Il termine transgender include tutte quelle persone transitate da un genere all'altro rispetto al sesso della nascita, che si considerano cioè appartenente al sesso opposto, si percepiscono con un'identità di genere diversa, oppure non riescono ad identificarsi nel classico binarismo «maschile» o «femminile», come la nuova figura creata, quella «queer» che va oltre i due sessi e i ruoli di genere i quali, per esempio, attribuiscono l'uso dello smalto per unghie alle sole donne.

Secondo la stima dell'Oms nel mondo ci sono circa 25milioni di persone transessuali (lo 0,3/0,4% della popolazione mondiale) mentre in Italia i dati dell'Istituto superiore di Sanità registrano circa 400mila persone transessuali, ma ogni anno vengono effettuate meno di 50 operazioni per il cambio di sesso da maschile a femminile o viceversa, a causa del lungo, complicato e faticoso percorso chirurgico necessario, e dell'effetto impattante dal punto di vista personale ed emotivo, soprattutto perché irreversibile.

Due anni fa a New York è stata approvata una normativa che consente di definirsi sui certificati «Genere X», una decisione salutata come storica dalla comunità Lgbt americana, perché tutti i maggiorenni che lo desideravano,

potevano finalmente ridefinire sui documenti di riconoscimento, senza alcuna attestazione medica, e senza badare se tra le gambe avevano un pene o una vagina, il proprio sesso e la propria identità, anche qualora fossero etero.

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