Presidente, premier, statista, leader, Cavaliere... C'è poi chi lo nomina, con malcelato disprezzo, solo scrivendo la lettera «B», almeno maiuscola, e chi «caimano» o peggio ancora. Ma quella è un'altra storia che non val neppure la pena di raccontare in questi giorni di lutto, anzi mai. Scorrendo i titoli dei giornali di questi giorni ciò che manca nel descrivere Silvio Berlusconi è la parola «padre». Nessuno che lo chiami «padre» quasi a volersene dimenticare, quasi a negare che l'uomo che ha segnato gli ultimi decenni della storia del nostro Paese e non solo, abbia anche cresciuto famiglia, figli, nipoti, abbia coltivato gli affetti, li abbia conservati e sempre tenuti e avuti al suo fianco. Silvio Berlusconi se n'è andato, sarà la storia a collocarlo dove merita, ma saranno le persone più care a conservarne il ricordo intimo, quello che gli riconosce la paternità, che non è uno stato di grazia che piove dal cielo oppure un dono del signore che uno o ce l'ha o non ce l'ha. Essere padre è un percorso difficile per tutti, spesso impervio, sempre meraviglioso che ognuno fa come sceglie di fare, come è capace come il suo talento gli concede. Un percorso comune per tutti dove si semina e si raccoglie al di là degli incarichi, dello status, delle professioni. «Padre» vale per tutti. Padre viene prima di tutto nella scala di valori che mette le persone al centro, là dove devono essere. Gli ultimi mesi di Silvio Berlusconi al San Raffaele e la sua malattia hanno raccontato la forza d'animo di un uomo che non ha mai «mollato», combattente indomito. Ma hanno raccontato anche il suo essere padre testimoniato dalle visite quotidiane dei suoi figli, dalla loro discrezione davanti agli assalti dei cronisti, dalle paure, dalle ansie, dall'abbraccio di Marina, Barbara e Pier Silvio davanti all'ospedale, dalle corse in auto nell'ultima notte quando la situazione è improvvisamente precipitata, dalle mani strette e dalle lacrime ieri in Duomo durante l'omelia. Hanno raccontato un legame, un affetto, il dolore dei figli cospetto di un padre che se n'è andato. Non ci sono parole capaci di spiegare un sentimento cosi forte e così intenso. È la vita che sfugge e continua, è il presente che diventa passato, che in un certo senso scompare e diventa malinconico ricordo, memoria... Non ci sono parole per raccontare tutto ciò ma «Presidente», «Premier», «Statista», «Leader» e «Cavaliere» non bastano, tacciono la cosa più importante.
Dicono solo che ci ha salutato per sempre un personaggio enorme che lascerà un vuoto nella politica, nel Paese, nel partito, nello sport a chi lo a amato e a chi lo ha combattuto. Non raccontano però che se n'è andato un padre, il vuoto più difficile da riempire.
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