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Immigrazione, dietro ai barconi libici c'è lo Stato islamico

La Dda di Palermo: "Dietro agli sbarchi ci sono gruppi armati libici". Alcune milizie sono legate allo Stato islamico Sostieni il reportage

Immigrazione, dietro ai barconi libici c'è lo Stato islamico

L'allarme sui contatti tra le organizzazini di trafficanti di immigrati e il terrorismo di matrice islamica c'è, a dispetto di quello che vorrebbe far credere il ministro dell'Interno Angelino Alfano. La procura di Palermo sta lavorando alacramente, e in silenzio, sull'emergenza.

Lo scorso febbraio, al largo di Lampedusa, una motovedetta italiana è stata sotto il fuoco di kalashnikov da parte di alcuni scafisti. Gli inquirenti hanno subito intesificato le attività investigative e la Dda del capoluogo siciliano ha avviato un’indagine per associazione a delinquere finalizzata alla tratta e al traffico di esseri umani. Ci sarebbero elementi che collegherebbero alcuni soggetti "monitorati" per questo tipo di reati a gruppi armati paramilitari operanti in Libia. Non si può escludere al momento che possano essere gruppi riconducibili allo Stato islamico. Si ipotizza che anche attraverso il traffico di esseri umani dall'Africa all'Europa le milizie islamiche traggono un sostentamento economico.

La procura di Palermo ha già individuato alcuni nomi: Ghermay Hermias, un etiope residente in Libia, ritenuto il capo ed organizzatore delle tratte, Jhon Mharay, un sudanese localizzato nella capitale Karthoum, e Abkadt Shamssedhin, latitante di cui non si conosce la posizione. In una intercettazione, Hermias, conferma che la tratta è molto remunerativa. "Con l’ultimo barcone - afferma il trafficante - ho raccolto un milione di dollari". Il rischio di eventuali "infiltrazioni terroristiche" tra i clandestini induce investigatori e inquirenti a vagliare ogni singolo elemento. Il gup di Palermo Daniela Cardamone, intanto, ha spiccato un mandato di arresto internazionale per Hermias, Mharay e Shamssedin. I loro nomi figurano adesso anche sulla red notice dell’Interpol.

Nel mirino della procura di Palermo sarebbero finiti pure contatti (seppur per via telematica) tra soggetti stranieri, di origine medio orientale, che vivono in Sicilia e i tre trafficanti di esseri umani capeggiati da Hermias, il leader di questa banda di paramilitari, armati fino ai denti, che agisce senza scrupoli. La riprova sarebbe la sparatoria avvenuta in pieno Mediterraneo, a metà febbraio. Gli "scafisti" di Hermias pur di riprendersi le imbarcazioni e impedire che venissero affondate non hanno esitato a sparare contro le motovedette italiane. In quel frangente i militari scelsero di non rispondere, pur essendo armati, per salvare centinaia di naufraghi.

In mano alle toghe ci sarebbero anche immagini e filmati realizzati da un elicottero militare.

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