Imminente intesa con l'Iran Netanyahu teme il peggio

Ormai sembra vicinissimo, salvo imprevisti, quello che Netanyahu ha definito soltato ieri «un accordo con l'Iran ancora peggiore di quello che ci aspettavamo» sul nucleare fra i 5+1, ma in realtà fra Obama e il Paese degli Ayatollah. Se lo schema venisse presentato, come ci si aspetta, a Losanna nelle prossime ore, potrebbe prendere la sua forma definitiva già alla fine di giugno. John Kerry dunque, che ieri ha rinunciato a tornare in patria per la celebrazione di Ted Kennedy perchè i nodi si stavano stringendo, porterà a termine quella che ormai tutti e soprattutto i Paesi arabi, molto oltraggiati, considerano una sorta di determinazione aprioristica di Obama a disegnare una sua legacy , una sua eredità morale legata all'ammansimento del nucleare iraniano.

I progressi di queste ultime ore sembra indichino la disponibilità iraniana ad accettare un numero di centrifughe inferiore a 6000, quante ne richiedeva fino ad ora, e a consegnare alla Russia l'uranio arricchito perché glielo conservi e si consenta allo Stato Islamico un uso che gli iraniani hanno sempre chiamato scientifico. Già in una prima fase l'Iran accettò un primo passaggio da 9000 a 6000 centrifughe, ma c'erano allora le stesse obiezioni di oggi: la centrale segreta di Fordow, quanto davvero si aprirà alle ispezioni? Perché l'Iran non accetta una definitiva cessazione dell'arricchimento e invece richiede, e ottiene per ora di restare in possesso anche di centrifughe «avanzate» che possono arricchire l'uranio in un batter d'occhio? Come si fa a fidarsi di un potere politico oppressivo e violento e chiedere che si faccia agnello il lupo che in queste ore ha scatenato la guerra dello Yemen e che controlla già anche Iraq, Siria, Libano? Per strano che possa sembrare, per fermare l'entusiasmo di Obama, non si può che contare su un'Europa che stavolta si mostra più prudente: Laurent Fabius ha chiesto «un accordo solido» e questo esprime la delusione francese per le trattative nascoste e le misteriose lettere che si sono scambiati Khamenei e il presidente americano. Il quale, si volta graziosamente dall'altra parte quando una grande folla guidata proprio dal leader supremo canta entusiasta «morte all'America» durante i colloqui in Svizzera, tanto meno lo influenza il fatto che l'Iran ripeta tutti i giorni che distruggerà Israele.

Qui però Israele, specialmente da quando l'Iran ha presentato al pubblico i suoi più recenti missili che possono colpire vaste aree d'Europa, non è più a rischio di chiunque altro.

L'accordo che si prepara dovrebbe di fatto togliere all'Iran la possibilità di avere nel futuro un'arma atomica, data la sua inaffidabilità morale e politica; dato che persegue l'avvento dell'Islam nel dominio del mondo; dato che ha a disposizione milizie terroriste come quelle micidiali degli hezbollah; e che i suoi generali migliori sono dislocati alla conquista del Medio Oriente.

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