Scuola in presenza. Scuola vaccinata. Scuola distanziata. Scuola mascherata. L'anno scolastico 2021-22 nasce con queste prospettive. Lo dice il premier Mario Draghi («l'obiettivo è tutti a scuola in presenza a settembre. Tutto quello che è necessario verrà fatto, è stato fatto e sarà fatto per quell'epoca»). Lo ripete il ministro della Salute Roberto Speranza in conferenza stampa ieri da palazzo Chigi («il ritorno a scuola in sicurezza e in presenza a settembre è una priorità assoluta del governo e su questo siamo già al lavoro e continueremo a lavorare nei prossimi giorni»). E lo mette nero su bianco Stefano Versari, capodipartimento del ministero dell'Istruzione, in una lettera inviata ai dirigenti di tutte le scuole che recepisce le indicazioni ricevute qualche giorno fa dal Cts. Un documento nel quale si getta il cuore oltre l'ostacolo, si indica come «obiettivo prioritario realizzare le condizioni atte ad assicurare la didattica in presenza a scuola» per ricreare «le condizioni relazionali e sociali che forniscono il substrato vitale per l'apprendimento, la crescita e lo sviluppo delle nuove generazioni».
Lo strumento a disposizione per garantire che la Dad diventi solo un ricordo è fondamentalmente uno: «Estendere la copertura vaccinale nelle scuole», che pare «eticamente doverosa» per il personale scolastico, «non escludendo l'obbligatorietà in casi di emergenza», e valutando la vaccinazione degli studenti over 12, ciò che consentirebbe anche ulteriori opportunità educative e formative. Ma siccome l'obiettivo 100 (per cento) è lontano, continuano a essere necessari anche il distanziamento e l'uso delle mascherine. Nei prossimi giorni il ministero emanerà un Documento di pianificazione delle attività didattiche nelle scuole italiane.
Queste le buone intenzioni ministeriali. Poi c'è la tonnara della politica. Il commissario per la campagna vaccinale Francesco Paolo Figliuolo, ha inviato una lettera a regioni e province autonome per sottolineare la priorità di «vaccinare gli studenti in età uguale o superiore a 12 anni» in vista della ripresa della scuola e per prefigurare una sorta di lista di proscrizione dei renitenti alla siringa: «Si ribadisce la necessità di perseguire la massima copertura vaccinale del personale scolastico (...) quantificando e comunicando le mancate adesioni entro il prossimo 20 agosto», si legge nella lettera. Data a partire dalla quale, secondo il sottosegretario alla Salute Andrea Costa, potrebbe scattare l'obbligo vaccinale per chi a due settimane dall'inizio dell'anno scolastico (la prima campanella suonerà negli istituti dell'Alto Adige il 6 settembre) risultasse ancora scoperto. «Abbiamo ancora un mese per convincere gli scettici dell'intera comunità scolastica a vaccinarsi», dice.
Ma a molti l'obbligo di vaccinazione per chi va in classe non va proprio giù. Matteo Salvini, leader della Lega, per esempio ne fa una questione prettamente numerica: «L'obbligo vaccinale per insegnanti e personale scolastico, non serve. Oggi l'80 per cento del personale insegnante è vaccinato, a settembre si arriverà al 90 per cento. Quindi la copertura è ampiamente garantita. Io sono per la spiegazione, la convinzione, l'educazione. Mai per la costrizione, i licenziamenti, le multe». E anche dal ministero dell'Istruzione arrivano voci dubbiose: «La copertura vaccinale è molto alta mentre il contagio a scuola è molto basso - spiega la sottosegretaria all'Istruzione Barbara Floridia -. Quindi trovo sbagliato dire che o si impone l'obbligo vaccinale agli insegnanti o non si torna a scuola. Il messaggio che deve passare è che si può già ricominciare a tornare a scuola in presenza. Penso sia giusto sollecitare il personale scolastico a vaccinarsi, ma devono poterlo fare spontaneamente». E c'è chi come Maria Rita Gismondo, microbiologa clinica del Sacco di Milano, parla di ipocrisia a proposito dell'obbligo di vaccinazione a scuola.
Ma perché per lei tanto varrebbe imporre l'obbligo di vaccino generalizzato. «Non capisco perché si prospetta l'obbligo di vaccinazione per gli insegnanti e il personale della scuola e non ad esempio a tutti gli operatori degli uffici pubblici che hanno contatto con la popolazione».
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