Magistratura

Intercettazioni, pm sotto accusa

Sarà interrogato dal Csm il procuratore che ha spiato senza permesso il senatore Esposito

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Il caso Colace arriva ai piani alti della giustizia, mentre i processi istruiti dal pm torinese continuano a perdere pezzi. Domani, Gianfranco Colace verrà interrogato nell'ambito del procedimento disciplinare che lo vede incolpato per le intercettazioni a carico dell'ex senatore Stefano Esposito, uno dei leader della sinistra sì Tav piemontese; il 21 novembre, invece, sarà la Corte costituzionale in udienza a dover dirimere la vicenda quasi incredibile delle conversazioni ascoltate e utilizzate contro Esposito senza chiedere l'autorizzazione a Palazzo Madama. Sono 130 quelle usate, ma sono addirittura cinquecento quelle agli atti del processo contro Esposito e contro l'imprenditore Giulio Muttoni, a sua volta bersagliato da 23.748 intercettazioni, un numero record nella pur ricchissima storia giudiziaria italiana.

Così il 21 novembre la Consulta sarà arbitro del conflitto di attribuzione fra il Senato e la Procura di Torino che naturalmente difende la correttezza di quelle valutazioni, definite occasionali e indirette, perché a dispetto del numero strabordante l'obiettivo dichiarato era sempre Muttoni. Ci si chiede ovviamente, con un pizzico di buonsenso, come sia possibile considerare occasionale l'ascolto seriale di una persona che rapidamente era stata identificata come parlamentare e dunque era coperta dallo scudo dell'immunità. E ci si domanda quali siano stati i costi di quella che in gergo si chiama la pesca a strascico: su Muttoni, le cui aziende nel frattempo sono franate e sono state chiuse, Colace ha aperto nel tempo un grappolo di procedimenti, alcuni collegati a micidiali interdittive antimafia, e in un sistema di vasi comunicanti le intercettazioni di un filone sembrano sorreggere le accuse dell'altro.

Intanto, il processo più importante, quello che vede appunto Muttoni ed Esposito accusati di corruzione e traffico di influenze, è appena stato trasferito per competenza a Roma e dunque il boccino passerà al pm della Capitale che dovrà di nuovo, se lo riterrà, proporre il rinvio a giudizio degli indagati eccellenti. Insomma, a otto anni dalle prime registrazioni disposte a Torino, siamo a zero o quasi.

Un altro filone, quello in cui Esposito e Muttoni sono indagati per turbativa d'asta, è stato dirottato dalla procura generale di Torino su un binario morto: prima, fatto molto raro, l'avocazione, poi nei giorni scorsi la richiesta di archiviazione. Un altro flop.

Ora proprio la debolezza della costruzione (e il trasloco delle carte a Roma) alimenta le chance dei pm e della difesa, rappresentata davanti alla Consulta da Marcello Maddalena, oggi avvocato ma prima di andare in pensione uno dei simboli della magistratura piemontese. «Attualmente - scrive Maddalena - il processo si trova pendente perso la procura di Roma dove è regredito nella fase delle indagini preliminari e dove quindi la Procura di Roma potrà assumere, in assoluta autonomia, tutte le determinazioni del caso».

Insomma, visto che la procura di Roma potrebbe pure chiedere l'archiviazione del fascicolo e dunque buttare nel cestino tutte le intercettazioni, allora per Maddalena «è venuto meno l'oggetto del contendere». E la Consulta potrebbe chiudere l'imbarazzante vicenda senza nemmeno entrare nel merito.

E però c'è da registrare un episodio sconcertante, datato 10 novembre 2017, il giorno in cui Colace all'alba di questo procedimento interroga proprio Esposito. E a sorpresa scopre le carte: «Ci sono queste intercettazioni - in quel momento tre in tutto - che, nel caso in cui ci dovessimo determinare in un certo senso, occorre chiedere ovviamente al Senato l'autorizzazione per l'utilizzazione, altrimenti nei suoi confronti non sono utilizzabili».

Testuale. E invece la procura non ha mai chiesto quell'autorizzazione, non per tre ma per 130 registrazioni. Esposito è finito a processo, la sua carriera è finita, la sua vita è stata devastata.

Oggi è Colace a dover rispondere di quei comportamenti.

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