"Investimenti, l'Italia raccoglie la sfida"

L'avvocato a Londra: "Milano la nostra City"

"Investimenti, l'Italia raccoglie la sfida"

Oggi sarà invocato, per la prima volta da quando esiste la Ue, l'articolo 50 del Trattato di Lisbona, la norma che mette in moto la secessione di uno Stato membro dall'Unione. Nessuno sa con certezza quali saranno gli obblighi e i diritti degli italiani che oggi studiano, lavorano o fanno impresa a Londra, quando tra due anni si concluderanno le procedure di Brexit. Il capo negoziatore per conto della Ue, Michel Barnier, ha dichiarato di voler cominciare le trattative dai diritti di cittadinanza e di circolazione delle persone. Mentre il governo britannico ha assicurato che darà grande importanza agli accordi sugli scambi commerciali.

Ma cosa succederà da oggi?

«La partita sulla Brexit comincia a giocarsi sul piano negoziale, spero che questo si traduca in un'opportunità sia per la piattaforma europea sia per quella britannica. Dobbiamo avere una global Britain con una global Europe», risponde Luigi Belluzzo dello studio Belluzzo & Partners composto da commercialisti e avvocati che offrono consulenza a una clientela sia italiana che internazionale, con particolare attenzione ai temi della consulenza fiscale, della gestione dei patrimoni e delle operazioni straordinarie. Presente con cinque uffici (Milano, Verona, Londra, Singapore e Lugano) è il più importante studio italiano a Londra.

Quali sono i suggerimenti che state dando ai vostri clienti?

«La risposta all'incertezza è la diversificazione. Anche per le imprese per le quali sarà sempre importante mantenere un presidio in Uk perchè resterà una delle migliori porte per fare commercio internazionale sia verso l'Oriente sia verso gli Usa».

Come può l'Italia attrarre una parte di quegli investimenti che probabilmente usciranno dalla Gran Bretagna?

«Credo che tra amici ci si debba sostenere. La Brexit porterà la fuoriuscita di alcuni soggetti, non di troppi, come tecnici e dirigenti di banche presso i mercati periferici. Bisogna vedere dove andranno ma l'Italia sta facendo la sua parte. Non prevedo, però, una fuga da Londra che resta una grande piattaforma internazionale sia fiscale sia finanziaria. E che sta accelerando nell'attrarre investimenti come porta di accesso ai mercati asiatici e nordamericani. È sempre valido quello che io chiamo il paradigma di Wimbledon: non importa chi gioca purché si giochi qui a Londra».

Quali sono i nostri punti di forza?

«Possiamo puntare su Milano per trasformarla nella City italiana ma anche sulle città d'arte con il marketing territoriale e sulla qualità della vita che può attirare un certo tipo di operatori non solo per questioni di affari. Le nuove norme fiscali che prevedono una tassazione fissa di 100.000 euro sui redditi all'estero per chi trasferirà la residenza in Italia sono un incoraggiamento».

Quella che qui è stata subito etichettata come la Flat tax per i Paperoni...

«Definizione errata. Si tratta di una legge semplice, accessibile a chiunque negli ultimi dieci anni sia stato non residente fiscalmente in Italia per almeno nove anni. Quindi per quei privati che o vogliono entrare o rientrare dopo nove anni. Il giorno dopo l'ok del Parlamento britannico all'avvio della Brexit, abbiamo organizzato un seminario presso l'ambasciata d'Italia al quale ha partecipato il direttore del dipartimento delle Entrate del Tesoro, Fabrizia Lapecorella proprio per illustrare ad un gruppo di investitori britannici il contenuto della nuova legge.

Oggi si terrà a Londra il road show a Londra delle istituzioni italiane, è atteso anche il ministro delle Finanze, Pier Carlo Padoan, per presentare la candidatura di Milano a ospitare il nuovo quartier generale dell'Ema, l'agenzia europea del farmaco, e allo stesso tempo cominciare a tastare il terreno sull'ipotesi di trasferire nel capoluogo lombardo alcune funzioni legate ai mercati finanziari. Ci saremo anche noi, perché con o senza Brexit qui nella City la bussola è il business, as usual».

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