Ipocrisia a sinistra sul piano anti rave. Il Viminale rassicura: non lede le libertà

L'opposizione parla sempre di legalità però non l'accetta da un governo di centrodestra. Il "buco" giuridico sulla definizione del reato. Letta chiede lo stop

Ipocrisia a sinistra sul piano anti rave. Il Viminale rassicura: non lede le libertà

La sinistra si «ribella» alla legge. Pd e Cinquestelle insorgono contro la norma che vieta rave abusivi, devastazioni e occupazioni illegali.

Per i giallorossi la legalità è una bandiera da sventolare solo quando sono loro al governo. Le proteste di piazze da censurare erano quelle (ai tempi dell'emergenza covid) di commercianti e cittadini contro le restrizioni della coppia Speranza-Conte. Ora che il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi (nel tondo) introduce una normativa più stringente contro i rave, bivacchi e raduni a base di alcol e droghe, dopo l'ultimo che si è svolto a Modena, ecco la sinistra che grida al pericolo fascista.

La norma prevede multe (da mille a diecimila euro) e carcere (da 3 a 6 anni) per i raduni con più di 50 persone non autorizzati e pericolosi per la sicurezza e la salute pubblica. Il Viminale precisa: «La norma anti-rave illegali interessa una fattispecie tassativa che riguarda la condotta di invasione arbitraria di gruppi numerosi tali da configurare un pericolo per la salute e l'incolumità pubbliche. Una norma che non lede in alcun modo il diritto di espressione e la libertà di manifestazione sanciti dalla Costituzione e difesi dalle Istituzioni». Secondo l'accusa delle opposizioni la legge avrebbe un buco: l'individuazione della fattispecie (del rave illegale) di reato. Tale individuazione sarebbe rimessa alla piena discrezionalità al giudice. E anche su un altro punto l'articolo normativo affiderebbe potere esclusivo ai magistrati: l'autorizzazione delle intercettazioni. E qui scatta l'allarme dei penalisti: «La norma che vieta i rave stabilisce sanzioni anche per i partecipanti, nei confronti dei quali la pena è «diminuita». Ciò vuol dire che il giudice, al termine del processo, deve applicare una diminuzione che può arrivare fino ad un terzo della pena edittale che nei confronti degli organizzatori può andare dai tre ai sei anni. «Non comprendo, quindi, perché il premier Meloni abbia voluto rivendicare di non avere dato il via libera alle intercettazioni dal momento che questo reato prevede pene superiori ai cinque anni» spiega il presidente delle Camere Penali, Gian Domenico Caiazza.

Il segretario del Pd Enrico Letta è una furia: «Il governo ritiri il primo comma dell'art 434bis di riforma del Codice penale. È un gravissimo errore. I rave non c'entrano nulla con una norma simile. È la libertà dei cittadini che così viene messa in discussione».

Al grido si unisce, dopo 24 ore di esitazione, Giuseppe Conte: «Norma da Stato di polizia». Il leader della Lega e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini è netto: «Un Pd ormai in confusione totale difende illegalità e rave party finalmente abusivi, chiedendo al governo di cambiare idea. No, indietro non si torna, le leggi si rispettano». Nel dibattito interviene anche il neo sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro: «Nella norma che vieta i rave si parla di invasione di terreni pubblici o privati e che riunioni pericolose per l'ordine e la fotografia è quella dei rave party, una normativa che nel resto dell'Europa c'è». Anche per Forza Italia la norma va difesa: «Ha fatto benissimo il governo ad intervenire sui rave». Si parlava da anni della necessità di norme per stroncare questi fenomeni. Però non erano state varate. È bene quindi che si sia intervenuti non solo per affrontare l'emergenza di Modena, ma per dotare l'apparato dello Stato di regole che consentano di gestire con fermezza e con saggezza fenomeni che ci si augura non si debbano ripetere.

Quelli che, critici, invece amano questi riti a base di droga e super alcolici? Sono contenti se i loro figli vengono coinvolti in vicende di questa natura? Non c'è poi necessità di intercettazioni di massa ma di controlli sul cosiddetto lato oscuro della rete», spiega il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri.

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