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Irak, ecco il piano del governo per andare a bombardare l'Isis

Il fronte della sinistra pacifista tace. Ma Renzi vuole evitare il passaggio in parlamento per non affrontare i dissensi. Gli basterà far riconfermare la risoluzione del 2014

Irak, ecco il piano del governo per andare a bombardare l'Isis

L'Italia si tiene alla larga dallo scontro tra Russia e Stati Uniti sugli attacchi in Siria ma è pronta ad assumersi le proprie responsabilità in Iraq se e quando arriverà una richiesta specifica degli alleati della coalizione impegnata contro lo Stato Islamico. Il governo conferma la linea sulla partecipazione ai bombardamenti in Iraq e garantisce che il parlamento sarà coinvolto in ogni decisione. Entro un mese, secondo fonti vicine alla maggioranza sentite dal Corriere della Sera, i quattro Tornado italiani impegnati in Iraq potrebbero iniziare i raid contro i tagliagole dell'Isis.

Matteo Renzi si sta già muovendo per preparare la guerra. Nei prossimi giorni sonderà i partiti di maggioranza e le opposizioni per trovare il massimo consenso per autorizzare le nuove regole di ingaggio sollecitate dagli Stati Uniti. Rispetto al passato, il fronte pacifista non sembra pronto ad alzare barricate in parlamento. "Difficile - si spiega nella sinistra - giustificare all’opinione pubblica una contrarietà a fare la guerra a chi decapita gli ostaggi, distrugge monumenti ed è pronta a fare attentati in occidente". Per questo non è così scontato che Renzi andrà a chiedere il voto del parlamento. Potrebbe, infatti, optare per una semplice informativa o una votazione in seduta congiunta delle Commissioni competenti così da evitare qualsiasi dissenso. "La risoluzione approvata nell’agosto del 2014 dal Senato per concedere il via libera alla missione in Iraq - ricorda il Corriere della Sera - consente già interventi di attacco, tanto che più volte nel corso dell’ultimo anno il governo si è limitato ad aggiornare il Parlamento sull’evoluzione della situazione e sulla natura dei mezzi e del personale impiegato".

La risoluzione approvata oltre un anno fa prevede di "rispondere, d’intesa con i partner europei e transatlantici, alle richieste di aiuto umanitario e di supporto militare delle autorità regionali curde, con il consenso delle autorità nazionali irachene". Avendo la copertura delle Nazioni Unite a Renzi potrebbe, quindi, bastare un passaggio in Commissione per riconfermarla. Dal momento che "l’occupazione di ampie porzioni di territorio iracheno e siriano sotto il controllo di forze terroristiche fondamentaliste rappresenta una seria minaccia alla sicurezza internazionale, come stabilito dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite" la risoluzione autorizza la partecipazione delle forze militari e fa proprio l'impegno preso da tutti gli Stati membri a "incoraggiare la formazione di un nuovo governo iracheno in cui possano riconoscersi tutte le componenti di quel Paese".

Priorità che il segretario di Stato americano Ashton Carter ha ribadito al ministro della Difesa Roberta Pinotti. Un rifiuto peserebbe pesantemente sulle relazioni internazionali. E Renzi sa bene di non poterselo permettere.

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