Milano - Una via italiana all'islam, che passi dall'8 per mille e dall'intesa col governo. Il mondo musulmano torna alla carica, sempre più determinato, con il suo volto più credibile e preparato, quello della Coreis e della Confederazione islamica italiana.
La Coreis, che ha base in via Meda a Milano, è un'avanguardia di musulmani colti e aperti, dediti alla riflessione teologica e al dialogo interreligioso. Dal punto di vista organizzativo, una piccola realtà che riunisce dieci associazioni in sette regioni. Politicamente parlando, una pedina chiave. Il suo leader, Yahya Pallavicini, dai tempi del ministro Giuseppe Pisanu collabora da esperto col Viminale. E oggi è impegnato nel percorso che porta al riconoscimento, condizione per un'intesa. Una strada lunga, che prevede un esame accurato sulla regolarità giuridica, l'assetto statutario, la realtà associativa, il funzionamento. Normale che l'imam milanese consideri «prematuro» il discorso sull'8 per mille. Ma tutt'altro che fuori tempo la riflessione sui finanziamenti: «Se ne parla - spiega - perché i finanziamenti rischiano di condizionare il funzionamento o la gestione dei centri. E la possibilità di accesso ai fondi darebbe un segno di maggior trasparenza e autonomia, anche da condizionamenti ideologici. L'intesa Stato-religione può diventare una garanzia di una realtà trasparente». Autonomia da chi? Ovviamente dalla potenze estere, da poteri oscuri e ambigui nei rapporti internazionali e con le organizzazioni fondamentaliste. Di «chiarezza» parla Mustapha Hajraoui, presidente della Confederazione islamica, giovane ma già capillare, che conta 300 centri in 14 regioni, tutti on line con indirizzi e dirigenti. «Abbiamo presentato la richiesta - conferma - dopo un lavoro di quasi 8 anni per arrivare a questo risultato. C'è un lavoro e una chiarezza dietro». Giovedì si è riunita l'assemblea generale A Roma. «Noi lavoriamo per integrazione e chiarezza, democrazia e trasparenza dei centri aderenti» spiega il presidente confermato di un'organizzazione che cita come «caratteri fondanti, fondamentali e indissolubili» l'islamicità e l'italianità. E porta come «passaporto» la «Carta dei valori, della cittadinanza e dell'integrazione» promulgata dal ministero dell'Interno con decreto del 2007». La Confederazione parte, in pratica, là dove si era fermata l'Ucoii, l'altra grande organizzazione dei centri islamici italiani, che oggi ha scelto una strada diversa, abbandonando il sogno 8 per mille per dedicarsi al riconoscimento come onlus, che dà diritto di accedere al 5 per mille, di cui gode una miriade di associazioni del no-profit.
«Vogliamo porci come interlocutori del governo per un'intesa - spiega Abdallah Cozzolino, segretario generale della Confederazione islamica, che segue la partita - L'8 per mille non è essenziale quanto il riconoscimento della piena dignità della nostra confessione religiosa, per avviare una fase nuova delle comunità musulmane sul territorio italiano». L'idea dell'8 per mille è stata rilanciata fra grandi polemiche dall'ex segretario Ds Massimo D'Alema. Sono un milione e mezzo i musulmani in Italia. E pregano in 700 centri, spesso disagiati, insicuri, abusivi. «Irregolari» dicono al Comune di Milano, dove è stato avviato un piano per aprire due moschee. Un obiettivo arenatosi fra inconcludenza, guerre di ricorsi e bracci di ferro con la Regione. «Il riconoscimento - conferma Cozzolino - è la premessa per intavolare con le istituzioni un dialogo». Un tavolo aperto dal governo è la «consulta» avviata a febbraio dal ministro Angelino Alfano. «Autonomia? Sì - prosegue - dobbiamo abbandonare certe forme ideologiche e di sostegno che avvenivano e avvengono ancora».
Cita l'influenza di Arabia e Qatar, ma anche «Paesi che sono un modello, come il Marocco». Pericolo europeo è l'abbaglio del multiculturalismo, con la proliferazione delle «moschee nazionali». Il sogno un islam italiano che lasci alle spalle ambiguità e passi falsi.
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