La Giornata dell'Europa che si celebra oggi è la giusta occasione, a ormai un anno dalle elezioni europee, per trarre qualche conclusione e fare un bilancio sullo stato di salute delle istituzioni europee. Il 9 maggio 1950, l'allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman, propose la creazione di una Comunità europea del carbone e dell'acciaio con un discorso passato alla storia come «dichiarazione Schuman», antesignano alla nascita della futura Unione europea. Per questo motivo, dal 1964, ogni anno si celebra la Giornata dell'Europa e i temi principali che verranno trattati quest'anno sono il sostegno europeo all'Ucraina, il ruolo dell'Ue nella transizione ecologica e digitale e l'«Anno europeo delle competenze».
A più di settant'anni di distanza dalle parole di Schuman, molto si è perso dello spirito originario alla base dell'idea di un'Europa comune poi sancito dal Trattato di Roma e il «sogno europeo» si è scontrato con la dura realtà. Più di un'identità storica e culturale condivisa dei popoli europei, potè la burocrazia di Bruxelles. Non stupisce perciò l'esito del sondaggio di Eurobarometro sul futuro dell'Unione europea. A dispetto di come viene presentata la ricerca sul sito dell'Ue con un trionfale titolo «Gli europei rimangono ottimistici sul futuro dell'Ue», i dati fanno emergere un quadro molto meno roseo. Se «il 47% degli europei tendono a fidarsi dell'Ue», significa che per il 53% della popolazione (pur con diverse sfumature), prevale un sentimento di sfiducia. Lo stesso dicasi per gli europei che hanno «un'immagine positiva dell'Ue» pari al 45%, con un 36% avente un'immagine neutrale e un 18% negativa.
La media dei cittadini ottimisti per il futuro dell'Ue è pari al 62% (in calo del 3% dall'estate 2022) ma in molti paesi i dati sono ben più negativi. In Grecia, per esempio, prevale il pessimismo con il 53% e, se nelle nazioni dell'Europa centrale l'euroscetticismo è molto diffuso, colpisce il dato francese con un 50% di cittadini non fiduciosi per il futuro dell'Ue. Il pessimo nei confronti dell'Unione si ferma invece al 31% in Italia. Nonostante i dati italiani siano migliori rispetto ad altre nazioni, cresce il numero di italiani che ritiene la loro opinione non conti all'interno dell'Ue. Sale da 61% a 64% la percentuale di italiani che reputa di non avere alcuna voce in capitolo nei processi decisionali europei.
Alla luce di questi dati, sarebbe lecito che le istituzioni europee si interrogassero su come immaginare l'Europa del futuro, se pensare un modello sempre più centralizzato e lontano dai cittadini o se, invece, andare verso un'Europa confederale e delle nazioni.
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