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"Gli italiani sono stati privati del voto sui temi etici"

Il professor Giovanni Guzzetta, giurista che ha sostenuto, insieme al professor Mario Bertolissi, la difesa tecnica dei quesiti sulla Giustizia dinanzi alla Corte Costituzionale, commenta l'esito di questa prima fase della battaglia

"Gli italiani sono stati privati del voto sui temi etici". Il giurista: "L'Assemblea costituente li additava come esempi tipici di scelte da sottoporre a referendum"

Il professor Giovanni Guzzetta, giurista che ha sostenuto, insieme al professor Mario Bertolissi, la difesa tecnica dei quesiti sulla Giustizia dinanzi alla Corte Costituzionale, commenta l'esito di questa prima fase della battaglia ma attende di capire il perché della bocciatura sulla responsabilità diretta.

I referendum su eutanasia e cannabis sono stati spazzati via.

«A quanto sembrerebbe dalla lettura del comunicato stampa e dalle parole del presidente Amato si tratta di ragioni legate al modo in cui i relativi quesiti sono stati confezionati. Per riflessioni più articolate bisognerà leggere le motivazioni delle sentenze. Certo, il risultato è quello che il corpo elettorale non potrà pronunciarsi proprio su quei temi etici, di coscienza o di interesse generale che, anche in Assemblea costituente, si additavano come esempio tipico di scelte che potessero essere oggetto di referendum. Ma ripeto, la questione va valutata sul piano strettamente tecnico».

I quesiti sull'«omicidio del consenziente» e sulle «sostanze stupefacenti» - come li ha chiamati il presidente Giuliano Amato - sono stati scritti con connotazioni più ideologiche che giuridiche?

«Sono temi di certo divisivi. Ma non saprei se i limiti tecnici dei quesiti, così come riscontrati dalla Corte, attengano a una connotazione eccessivamente ideologica o al modo in cui la richiesta è stata confezionata e le disposizioni da abrogare sono state selezionate».

La separazione delle carriere: siamo allo spartiacque?

«Si è già svolto un referendum su questo tema nel 2000; un referendum che non ha raggiunto il quorum. Certo il dibattito è molto cresciuto da allora e di sicuro la questione oggi viene affrontata con una diversa consapevolezza, sia che si sia a favore che contro».

Una parte dei dubbi giuridici riguardava il quesito sulla Severino. Invece ci si esprimerà.

«Direi che è merito dei promotori e della scelta di colpire interamente una legge, come peraltro consente l'articolo 75 della Costituzione. Su questo punto è importante che la Corte abbia ritenuto che non sussistessero vincoli internazionali (penso alle norme per combattere la corruzione) che imponessero la sopravvivenza di questa legge».

La Consulta ha anche ammesso il quesito sulla limitazione delle misure cautelari

«Sul piano tecnico il quesito era quello più semplice. I promotori si proponevano di eliminare uno dei possibili presupposti per l'applicazione delle misure cautelari. Sul piano politico la questione è rimessa al giudizio dei cittadini».

L'eliminazione delle liste di presentatori per l'elezione dei togati del Csm può stroncare il correntismo?

«In sincerità, non credo che riuscirà a debellare il fenomeno, però offre un'indicazione molto chiara al legislatore che interverrà su questa materia. E, per quanto riguarda il risultato, qualora il referendum fosse approvato, consentirà la partecipazione alle elezioni anche di candidati che non hanno dietro di sé l'appoggio delle correnti».

Voteremo sull'equa valutazione dei magistrati ma non sulla responsabilità diretta. Era prevedibile?

«A dire il vero sulla responsabilità dei magistrati attendo di leggere le motivazioni, perché non credo di aver colto per intero le ragioni espresse dalle parole del presidente Amato. Resto convinto che l'ipotesi della responsabilità diretta del magistrato, accanto a quella indiretta dello Stato non sarebbe stato un risultato propositivo o manipolativo. Del resto la responsabilità diretta era già prevista nel nostro ordinamento quando fu promosso il primo referendum sulla responsabilità civile nel 1987 e fu dichiarato ammissibile. Viceversa mi pare che il referendum che si propone di consentire anche ai membri laici dei consigli giudiziari di valutare i magistrati sia in linea con il modello costituzionale che ha previsto un organo di autogoverno (il Csm), anch'esso chiamato a valutare i magistrati, il quale ha una composizione mista proprio per evitare chiusure oligarchiche della magistratura».

In molti sostengono che sia il Parlamento a dover intervenire sull'eutanasia.

«Il Parlamento ha sempre l'ultima parola. In questo caso dovrà avere anche la prima. Il problema è se avrà un sussulto di responsabilità per intervenire.

Perché ciò che colpisce - almeno pensando all'eutanasia - è che l'Italia è, forse, l'unico paese in cui la normazione di questa materia non è stata fatta dal legislatore, e quindi non è frutto di un dibattito politico, ma è frutto di un intervento di necessaria supplenza del giudice costituzionale».

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