Juncker schiaffeggia Renzi «Basta con gli insulti alla Ue»

Il presidente della Commissione europea perde le staffe sui rapporti con l'esecutivo italiano «Non capisco le critiche di Roma, sono stato io e non l'Italia a volere la flessibilità sui conti»

È un appuntamento istituzionale la conferenza stampa di inizio anno del presidente della Commissione Ue. Jean-Claude Juncker, ieri, appariva più grigio del solito perché, a oltre un anno dall'inizio del suo mandato, i problemi dell'Unione si sono ingigantiti: immigrazione, terrorismo e spinte centrifughe sono ben lontani dall'essere risolti. Se a questo si aggiunge che l'economia continua ad avere il fiato corto, si comprende bene come il burocrate lussemburghese fosse in visibile imbarazzo. Alla domanda della corrispondente italiana di Sky Tg 24 sui difficili rapporti tra Roma e Bruxelles, Juncker, però, si ringalluzzisce e in tono stentoreo squaderna le rimostranze verso il presidente del Consiglio, rimaste sempre sotto traccia.«Esito sempre a esprimermi con lo stesso vigore con cui Renzi si rivolge a me, perché non aggiusta sempre le cose», ha replicato il capo dell'esecutivo comunitario. «Ritengo che il primo ministro italiano, che stimo molto, sbagli a insultare (in francese usa vilipender), a criticare la Commissione a ogni piè sospinto, non capisco perché lo faccia», aggiunge sempre più contrariato. Juncker si è limitato a rispondere alla parte economica della domanda riguardante la Stabilità ancora sub iudice a Bruxelles e non ha fatto nessun accenno alle tensioni sulla questione energetica e sui rapporti con la russa Gazprom, partner ideale per il gasdotto che arriva in Germania e non per quello che avrebbe dovuto giungere in Italia. Ma tant'è: nell'Unione europea è montato un forte risentimento nei confronti dell'Italia perché da mesi Renzi ha alzato il tiro contro l'austerity, la Merkel, l'«Europa dei burocrati e dei compiti a casa» che, a suo dire, frenerebbero la crescita.E così, dopo i messaggi poco incoraggianti inviati a mezzo stampa dai commissari Dombrovskis e Moscovici, ieri è stato Juncker in persona a ricordare chi abbia il coltello dalla parte del manico. «L'Italia, a dir la verità, non dovrebbe criticare troppo» la Commissione, ha precisato, in quanto «abbiamo introdotto la flessibilità contro la volontà di alcuni Stati membri che molti dicono dominare l'Europa e l'Italia beneficia di tutte le forme di flessibilità concesse». Le clausole sulle riforme, sui migranti, sulla sicurezza e sugli investimenti hanno consentito a Renzi di alzare il deficit/Pil 2016 di circa 0,8 punti (12 miliardi) rispetto a quanto programmato. Inutile ribadire che, se a marzo la Commissione dovesse passare dalle parole ai fatti, questo si tradurrebbe in una manovra correttiva.Il problema è che Renzi ha urtato la suscettibilità di Juncker. «Sono stato molto sorpreso che alla fine del semestre di presidenza italiana (nel dicembre 2014, ndr) Renzi abbia detto davanti al Parlamento che è stato lui ad aver introdotto la flessibilità, perché sono stato io, sono stato io, non lui e su questo voglio che ci si attenga alla realtà e alla verità».L'ultima frase fa rabbrividire. «Sono capace di metter da parte la mia irritazione, ma non crediate che sia ingenuo», ha concluso.

L'accusa, nemmeno troppo velata, è che Renzi abbia strumentalizzato l'istituzione europea per scopi di politica interna creando così notevoli difficoltà a un esecutivo che si regge su un compromesso fragilissimo. Da qui all'ultimatum manca poco, ma c'è una speranza: «A fine febbraio mi recherò in Italia». Sarà l'ultima chiamata.

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