Guerra in Ucraina

Kiev, nuova purga di ministri. A Mosca è allarme economia

Dopo Reznikov, saltano tutti i suoi vice alla Difesa. Inflazione e crollo del rublo, per la prima volta Putin ammette le difficoltà

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L'allarme corruzione agita Kiev. L'incubo crisi economica spaventa Mosca. Dopo la cacciata dell'ex ministro della Difesa Oleksii Reznikov, finito nella bufera per un presunto caso di acquisti gonfiati, il governo ucraino ha deciso di licenziare tutti i sei viceministri della Difesa e di sostituire anche il segretario di Stato del ministero della Difesa Kostyantyn Vashchenko. Un repulisti totale su cui Kiev fa affidamento per ripartire in maniera trasparente e senza ombre. Per la prima volta da anni, invece, Vladimir Putin ammette che «aumento dell'inflazione e indebolimento del rublo sono un problema». Le sanzioni occidentali hanno colpito pesantemente l'economia russa costretta ad aumentare la produzione bellica, la produzione industriale è scesa di molto, il rublo è crollato ai minimi storici e la banca centrale ha alzato i tassi di interessi fino al 13%. Non esattamente una situazione idilliaca nonostante Putin, alle prese con la campagna elettorale per le presidenziali del 2024, si dica comunque «ottimista per il futuro».

Nel frattempo il suo «rivale» Zelensky è a New York dove prenderà parte all'Assemblea generale dell'Onu e poi vedrà anche il presidente Biden. Possibile anche che il leader ucraino si trovi allo stesso tavolo con il ministro degli Esteri russo Lavrov per quello che, oltre a essere un inedito assoluto finora, potrebbe essere un faccia a faccia ad altissima tensione ma anche, chissà, porre le basi di un dialogo comunque complicatissimo. Zelensky chiederà nel suo intervento «una giusta fine della guerra», sostenendo che l'aiuto all'Ucraina è un investimento nella stabilità, nelle regole globali e nel ripristino del diritto internazionale, considerato che la Russia rappresenta una minaccia globale. «Non fermeremo mai i nostri sforzi per assicurarci che una pace giusta arrivi in Ucraina», ha ribadito il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres, alla vigilia di un vertice forse mai così atteso.

Intanto la battaglia sul campo non accenna a placarsi. «Grazie al successo delle nostre truppe, la linea difensiva del nemico è stata spezzata in direzione di Bakhmut», con l'esercito ucraino che ha issato la bandiera nazionale sul villaggio di Andriivka, nella regione di Donetsk, liberata dall'occupazione nei giorni scorsi. Le forze armate russe rivendicano una serie di attacchi con missili e droni contro «depositi di munizioni all'uranio impoverito e di missili da crociera Storm Shadow», anche se non ci sono conferme ufficiali, soprattutto sul bersaglio presunto dei raid. Nella notte altri attacchi russi dal cielo definiti da Kiev «senza precedenti, con diverse dozzine di aerei tattici e droni».

A tenere banco è anche la questione legata ai minori deportati dall'Ucraina alla Russia. Mosca ha chiesto ufficialmente alla corte delle Nazioni Unite dell'Aia di respingere la causa presentata dall'Ucraina come «abuso di processo». Il Cremlino ha ammesso che i minori deportati sarebbero 700mila ma l'ong «Save Ukraine» spiega che sarebbero almeno un milione. Mykola Kuleba, capo esecutivo dell'ong, attacca: «Oggi molti di loro sono costretti a combattere contro la loro madrepatria». La trattativa per il loro rimpatrio prosegue, come condizione base per avviare un percorso di dialogo, ma resta complicatissima. Secondo le Nazioni Unite almeno 20mila bambini ucraini sono finiti nelle strutture di rieducazione russe a partire dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina. Un tema molto caro al Vaticano e al centro della missione diplomatica portata avanti da Papa Francesco che ieri «ha espresso interesse a continuare la missione di pace per l'Ucraina», incontrando il nuovo ambasciatore russo in Vaticano Ivan Soltanovsky.

Già nei prossimi giorni il cardinale Matteo Zuppi, inviato del Pontefice, potrebbe tornare per la seconda volta a Mosca.

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