«Avrei voluto morire io al posto di Erika. Io non vivo più da quel giorno. Quel giorno sono uscito di testa. Vivevo per lei. Vivo su una sedia a rotelle, posso morire in ogni momento, sono a rischio vita continuamente». Sono le parole di Dimitri Fricano, che nel giugno 2017 ha ucciso con 57 coltellate la fidanzata Erika Preti, 28 anni, a San Teodoro (Sassari), durante un litigio prima di una gita in barca. Condannato a 30 anni di carcere, nei giorni scorsi ha ottenuto gli arresti domiciliari per le condizioni di salute, una grave forma di obesità. Fricano ha parlato con l'inviata Mediaset per «Pomeriggio 5» mentre entrava in casa con il padre in un paese in provincia di Biella. Le sue dichiarazioni sono state ascoltate In diretta dai genitori di Erika, che vivono nello stesso paese. «È vergognoso - ha detto Fabrizio Preti - che un assassino, condannato a 30 anni, possa andare a casa perché obeso. Non posso pensare ora di poterlo incontrare per strada o dal medico. Quell'uomo deve tornare in carcere, quello è il suo unico posto». L'inviata di Mediaset ha intervistato anche il padre di Dimitri: «È stata una tragedia - ha detto - e in una tragedia c'è chi finisce bene e chi finisce male. Mio figlio stesso ha detto che avrebbe voluto morire lui al posto di Erica. Era uscito di testa e quando uno esce di testa c'è poco da fare. Non è stato un femminicidio, è stata una lite tra ragazzi».
Al momento dell'arresto Fricano pesava 120 kg. Oggi ne pesa 200 e, per via del peso, non riesce a muoversi se non con le stampelle o la carrozzina, e sempre con dolore. L'ordinanza del tribunale è un elenco lungo e dettagliato dei suoi problemi di salute, non solo fisici. A cominciare dalla meningite che lo colpì nel 1989 per passare alla sindrome ansioso depressiva da bulimia, al disturbo di personalità, alle apnee notturne. Un soggetto a «forte rischio cardiovascolare» tanto per la sua condizione di «grande obeso» quanto per il vizio del fumo: nei report si legge che arriva a cento sigarette al giorno. In carcere, secondo i giudici, non può restare. Almeno per ora. «Non è in grado - scrivono - di assolvere autonomamente le proprie necessità quotidiane e ha bisogno di un'assistenza che non è possibile dispensare nell'istituto». Una dieta adatta, per esempio. Nel corso delle indagini si disse che Fricano scatenò la sua furia omicida su Erika dopo un banalissimo litigio. L'uomo sostenne di essere innocente e si decise a confessare solo un mese dopo, quando ormai tutti gli indizi stavano convergendo contro di lui.
Nel 2020 la Corte di appello di Cagliari gli inflisse 30 anni. Una pena che lui stesso, scrivono i giudici di sorveglianza, riconosce come «equa». Però afferma di non ricordare nulla del delitto. Quella con Erika, a suo dire, era una relazione «appagante».
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