«Siamo addolorati, le persone stanno soffrendo», dice commosso un operatore sanitario a Emmanuel Macron. Venuto a incontrare il personale dell'ospedale a Mulhouse, cittadina dal fiorente passato industriale e tessile che oggi vede sempre più giovani e meno giovani vivere grazie al Reddito di solidarietà attiva (Rsa), e che al primo turno ha preferito le ricette a debito della gauche di Jean-Luc Mélenchon (36%), il presidente-candidato non si fa prendere dal panico nonostante l'aria che tira. Nell'ex «Manchester francese», Macron chiede scusa sempre più spesso.
Mea culpa a ripetizione davanti alle persone (e alle telecamere nei territori, dove gli elettori lo hanno appena punito). Epperò non indebolisce il suo messaggio, anzi forse le scuse lo rafforzano. Specie di fronte alla folla in cerca di risposte immediate sul recupero del potere d'acquisto e la sua riforma delle pensioni a 65 anni: «Pronto a modificarla» per fissarla a 64 anni. Concessione inattesa a 12 giorni dal ballottaggio. Al secondo giorno di campagna elettorale, in Alsazia il refrain della contrizione presidenziale è protagonista: l'ammissione di certi errori, dagli insulti ai no-vax ai disoccupati, a cui ha detto che bastava attraversare la strada per trovare lavoro.
Poi, tra chi gli sottoponeva la ricetta «BleuMarine» - per avere più soldi a fine mese, recuperare potere d'acquisto e stipendi più corposi per operatori sanitari, badanti - torna pragmatico: «Mentono quelli che dicono che possiamo fare regali senza finanziarli, Le Pen dice sciocchezze come al solito». Bordate contro la rivale, insufficienti a richiamare i voti che gli servono, quelli della sinistra.
Stando all'ultimo sondaggio, solo il 43% degli elettori di Mélenchon è pronto a votare Macron. C'è scetticismo, oltre ai selfie. Il presidente-candidato è nei territori più difficili. E allora fa tabula rasa delle sue proposte più recenti; per esempio l'età pensionabile a 65 anni. «Non ci sono più tabù, sono pronto ad ascoltare, ho accettato l'apertura di un cantiere», dice. È il nuovo Macron che si presenta così a Mulhouse nel secondo giorno utile per convincere a concedergli il bis. «Non sono riuscito ad andare fino in fondo nel programma», ammette. «Ma non possiamo credere alle favole, dobbiamo affrontare la realtà» contro il «villaggio di Potëmkin» proposto dal Rassemblement national; quello dei palazzi di cartapesta costruiti per nascondere le reali condizioni del Paese.
«Più concertazione con le parti sociali», la promessa. Con i territori: «Sono qui». Prova a ribaltare le accuse lepeniste d'essersi blindato all'Eliseo senza accettare confronti: «Sono loro che non vanno dagli avversari, ma solo in provincia a salutare i sostenitori o negli hotel per le conferenze stampa... Io lavoro sul campo, non viaggio per parlare mezz'ora in albergo (come ieri Le Pen, ndr) e poi tornare a Parigi, vengo nei territori che non mi hanno votato».
Dopo Mulhouse, Strasburgo: dove in testa è arrivato sempre Mélenechon col 35%. Qualche fischio, poi il rilancio dell'idea di un'Europa dei vaccini, «solidale», che «ci protegge durante le crisi». A Mulhouse, Macron aveva già puntato il dito contro Le Pen e certe bizzarrie: «Non dimentichiamo cos'ha detto per il Covid, la clorochina, il vaccino russo, sciocchezze inaudite». E da Strasburgo, città che ospita l'Europarlamento, Macron lancia la vera sfida citando Umberto Eco e Thomas Mann («L'umanesimo ha bisogno di militanti»). Chiede una scelta, un voto tra «la nostra Europa della pace e il nazionalismo, che è la guerra». Non mancano le proteste. Qualcuno grida «abbasso la République!».
Macron gira tutto a suo favore invitando i contestatori a continuare: «Qui potete farlo, questa è la differenza tra vivere in Francia e vivere in Ungheria, a voi la scelta». «Quest'elezione è un referendum sull'Europa, se votate Le Pen la Francia diventerà un'altra cosa». Una dozzina i fermi della polizia.
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