L'aborto spacca la Polonia. "No a leggi per renderlo più facile"

Il capo dello Stato conservatore avverte Tusk: "Veto a qualsiasi progetto di depenalizzazione"

L'aborto spacca la Polonia. "No a leggi per renderlo più facile"
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Niente ammorbidimento sulle leggi per l'aborto in Polonia. Lo ha detto il presidente conservatore Andrzej Duda, che ha promesso di porre il veto al disegno di legge proposto dal governo di larghe intese guidato da Donald Tusk che vorrebbe rendere più lievi le rigide leggi sull'aborto. Ovvero depenalizzare l'atto di chi aiuta una donna a ottenere un aborto illegale fino alla 12a settimana di gravidanza. Al momento la legge prevede una pena di tre anni di carcere. Intervistato da una tv nazionale, Duda ha risposto che non firmerebbe la proposta del governo «perché per me l'aborto equivale all'uccisione di persone».

Lo scorso aprile la camera bassa del Parlamento aveva dato il primo via libera a quattro progetti di legge avanzati dal partito di Tusk, Piattaforma civica, e dalla Sinistra per liberalizzare l'aborto fino alla dodicesima settimana. Un'altra proposta della Sinistra chiede la depenalizzazione per medici e infermieri che praticano gli aborti. Al contempo erano state respinte le proposte dei partiti di opposizione Confederazione e Diritto e Giustizia (PiS) che puntavano a eliminare progetti.

Ma la grande coalizione al governo non gode in Parlamento dei tre quinti necessaria per ovviare al no presidenziale, per cui se Duda mantenesse fede alla sua posizione contraria la coalizione sarebbe costretta ad attendere il prossimo anno, quando si celebreranno le elezioni presidenziali e in quel caso tifare per la vittoria di un candidato non conservatore.

Dallo scorso 31 maggio inoltre è entrata in vigore una risoluzione sulle cosiddette clausole di coscienza in caso di aborto: tutti gli ospedali polacchi dovranno dotarsi di un medico in grado di eseguire un aborto in determinate circostanze, quando la vita o la salute della madre sono in pericolo o quando la gravidanza è il risultato di uno stupro. Si tratta di una rivoluzione copernicana in un paese con una delle leggi sull'aborto più severe in Europa.

L'attuale governo polacco è formato da una ampia coalizione che comprende popolari, sinistra e liberali con la guida Tusk che si vede costretta a dare fiato alle istanze degli estremi, come la Sinistra di Lewica, che già si era caratterizzata per alcune proposte sui generis, come quella di voler ridurre le materie insegnate nelle scuole, sostenendo che l'eccessivo lavoro imposto dalla precedente amministrazione di destra avrebbe affaticato insegnanti e studenti.

Lo scorso dicembre inoltre il nuovo ministro della cultura, Bartlomiej Sienkiewicz, aveva licenziato i vertici della TVP, della Radio polacca e dell'agenzia di stampa Pap. Decisione che, secondo l'ente regolatore dei media, il National Broadcasting Council (KRRiT), era stata illegale. Ma i popolari di Tusk sostennero che quell'ente era espressione del vecchio governo nazionalista, quindi non del tutto imparziale.

Inoltre nel paese è viva la protesta degli agricoltori, che hanno allestiti blocchi ai valichi di frontiera per impedire l'arrivo dei prodotti agricoli ucraini. Contestano le decisioni europee che gonfiano i costi di produzione e si scagliano contro la concorrenza sleale dall'estero.

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