Non è bastato un anno di aumento esponenziale dei prezzi dell'energia per cittadini e imprese, un conflitto nel cuore dell'Europa con conseguenze energetiche devastanti (e ancora non è arrivato l'autunno) e una transizione energetica realizzata con troppa rapidità, per indurre le istituzioni europee a fare autocritica. Al contrario, a giudicare dalle decisioni prese a Bruxelles negli ultimi giorni, l'Ue persevera in una strada animata da una visione ideologica che rischia di portarci in una situazione di crisi energetica ed economica.
Prima lo stop ai motori endotermici dal 2035 senza considerare le implicazioni socio-economiche e geopolitiche (legandoci alla Cina), poi il voto di ieri nelle commissioni Affari economici e Ambiente con il no all'inserimento del nucleare e del gas nella tassonomia, ovvero le attività economiche sostenibili da un punto di vista ambientale. Con 76 voti favorevoli, 62 contrari e 4 astenuti, i parlamentari europei, pur riconoscendo il ruolo del gas nucleare e fossile nel garantire un approvvigionamento energetico stabile, ritengono che gli standard di screening tecnico proposti dalla Commissione non rispettino i criteri per le attività economiche ecosostenibili. Ora la palla passa alla sessione plenaria del Parlamento; se la maggioranza assoluta dei deputati si opponesse alla proposta di includere gas e nucleare tra le fonti energetiche sostenibili, sarebbe l'ennesimo passo per allontanarci da un imprescindibile mix energetico che unisca le fonti tradizionali alle rinnovabili.
Il voto delle commissioni europee arriva nei giorni in cui Mario Draghi è in visita in Israele per discutere del dossier energetico. Al centro degli incontri del premier la realizzazione del gasdotto Eastmed-Poseidon che dovrebbe collegare il Bacino Levantino (nelle acque tra Cipro, Israele e l'Egitto) con la Grecia e l'Italia, un'infrastruttura di cui si parla da tempo ma che non è mai stata costruita e permetterebbe all'Italia di ottenere un quantitativo ingente di gas aggiuntivo per diversificare il proprio approvvigionamento. Se l'opera dovesse entrare in funzione, garantirebbe una capacità di 12 miliardi di metri cubi l'anno potendo arrivare fino a un massimo di 20 miliardi per una lunghezza di 1.900 chilometri. Per essere realizzato ci vorrebbero almeno tre-quattro anni ed è lecito chiedersi per quale motivo non siano partiti i lavori negli anni passati visto che si tratta di un'opera sviluppata già dal 2008. Una delle principali motivazioni sono le scelte di politica energetica dell'Ue (su influenza della Germania) che hanno prediletto la costruzione del gasdotto Nord Stream 2 a discapito dell'area mediterranea. Così, allo scoppio della guerra in Ucraina, ci siamo trovati con il Nord Stream 2 inutilizzabile e senza un gasdotto che sarebbe risultato strategico come l'Eastmed-Poseidon.
Ora per l'Italia si pone un problema non da poco: stiamo riorganizzando il nostro fabbisogno energetico cercando nuovi fornitori di gas (Algeria, Qatar, Congo,
Israele) ma, se il gas dovesse essere escluso dalla tassonomia verde europea, non c'è missione internazionale di Draghi che tenga e per la nostra economia sarebbe un disastro, per l'ennesima volta annunciato ma ignorato.
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