Dei fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, non si sente parlare da tempo, eppure i due marò ora rischiano di tornare in India. Al tribunale dell'Aja, infatti, i documenti depositati dalle due parti, Italia e governo di New Delhi, restano «secretati», per cui l'opinione pubblica non può conoscere le posizioni e gli argomenti sulla cui base la Corte internazionale prenderà la sua decisione, contravvenendo a uno dei principi base del diritto, secondo cui ogni documento che entra in un tribunale deve essere pubblico.
Sulla questione lavora da tempo Luigi Di Stefano, perito che a suo tempo si occupò del caso Ustica e che è tuttora impegnato nel venire a capo di quello della Enrica Lexie e dei due fucilieri del San Marco e che, attraverso fonti vicine all'Ue, è riuscito ad apprendere la mancata volontà del tribunale di togliere il segreto alla documentazione in questione.
Ma qual è il rischio? Semplicemente si torna alla situazione pregressa, a quando per anni le autorità indiane hanno accusato i due militari, mantenendo segreti gli atti giudiziari. E quando gli stessi sono stati resi pubblici, grazie al tribunale internazionale di Amburgo, si è subito capito che i due accusati (che un capo d'accusa reale, però, non lo hanno mai avuto) erano innocenti. Che le autorità indiane del Kerala avessero montato l'intera storia e li detenessero ingiustamente è apparso subito chiaro. Ciò nonostante, era stato depositato ad Amburgo un dossier contenente frasi offensive contro l'Italia e che dava «accertata» la colpevolezza dei due.
Ora la storia si sta ripetendo all'Aja, dove i documenti presentati dalle parti sono tenuti ben nascosti e, secondo quanto si apprende, lo resteranno fino alla sentenza. Il motivo di tutto ciò? Incomprensibile, a meno che non vi siano segreti di Stato. Insomma, l'ennesimo caso in cui si potrà trovare il bandolo della matassa solo a cose fatte. Ma con un rischio immenso, visto che l'India, negli ultimi mesi, è tornata all'attacco, continuando a chiedere che i due siano processati da loro.
La Corte Suprema indiana, infatti, ha permesso loro di tornare in Italia in attesa della pronuncia della Corte permanente di arbitrato dell'Aja, che dovrà chiarire chi, tra Roma e New Delhi, ha giurisdizione sulla controversia. Gli indiani, in attesa dell'inizio dell'iter che porterà il tribunale a decidere, hanno presentato un contro memoriale che si contrappone a quello italiano, in cui si legge che «l'omicidio fu commesso a bordo di un peschereccio indiano, il St. Antony, a Kollam in Kerala, all'interno delle acque territoriali indiane. Pertanto, la giurisdizione spetta all'India».
Come sarà possibile difendere Latorre e Girone senza poter essere in possesso della dovuta documentazione? A questo dovranno rispondere gli avvocati di parte (quelli italiani) chiamati a difendere i due fucilieri. Le udienze al tribunale dell'Aja dovrebbero iniziare a metà 2018 e l'intera fase dovrebbe terminare entro la fine dello stesso anno, quando si arriverà a sentenza. Il tutto mentre i due militari attendono, dopo quasi sei anni da quell'arresto incomprensibile nel porto di Kochi, di poter tornare davvero alla loro vita. Entrambi sono tornati in servizio: Latorre a Roma, Girone a Bari. Di loro si sa poco, ma i gruppi che li hanno sempre sostenuti non li hanno dimenticati e oggi, nel corso di una riunione che si terrà a Roma, decideranno riguardo a iniziative volte a impedire che i documenti tenuti nascosti dalla Corte dell'Aja possano rimanere segreti.
Questo in quanto è chiaro che non si potrà arrivare a nessuna sentenza senza il giusto iter. E anche perché, in tutta questa storia, c'è chi ha già aspettato abbastanza che quello che è diventato un caso internazionale avesse un lieto fine.
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