L'allarme Fmi: "Con la Brexit rischio recessione"

Ma il ministro Padoan garantisce per l'Italia: «Nessun problema specifico per il nostro Paese»

L'allarme Fmi: "Con la Brexit rischio recessione"

Mentre scatta ufficialmente il conto alla rovescia per il referendum sulla Brexit fissato per il 23 giugno, l'ultimo allarme è stato fatto suonare ieri dal Fondo Monetario Internazionale.

«La Gran Bretagna potrebbe scivolare in recessione nel 2017 nel caso in cui decidesse di uscire dall'Ue», ha affermato l'Fmi. Il pil inglese, nello scenario in cui la Gb resta nell'Ue, è previsto in aumento del 2,2%, continuando la traiettoria in corso da anni. Nel caso di addio, però, il Fondo tratteggia due possibili scenari: il primo, dalle conseguenze più contenute, stima una crescita all'1,4 per cento. Il secondo, una contrazione dello 0,8 per cento. Rispetto allo scenario di base delineato dal Fmi, in caso di addio il pil inglese rischia un duro colpo: 5,6% inferiore al 2019. Questo anche perché la «Gran Bretagna è molto importante per alcune economie europee, ma in termini generale l'Ue è più importante per la Gran Bretagna di quanto la Gran Bretagna non lo sia per l'Ue», aggiunge l'Fmi. Ricordando che gli asset del settore finanziario inglese rappresentano l'830% del pil nel 2014, ovvero quattro volte il peso che avevano negli anni Settanta. E i servizi finanziari generano l'8% del reddito nazionale inglese, il 50% in più della media europea.

Di certo, se la Gran Bretagna opterà per la Brexit, la Francia sarà inflessibile e il Consiglio d'Europa del 28 giugno dovrà dare prova di fermezza, ha sottolineato ieri il ministro dell'Economia francese, Emmanuel Macron. «O si è dentro o si è fuori - dice Macron su Le Monde - se i britannici sceglieranno di uscire, il Consiglio d'Europa dovrà lanciare un ultimatum a Londra e il nostro presidente della Repubblica sarà molto chiaro al riguardo. Non si potrà restare nell'ambiguità. Il giorno dopo l'uscita dall'Ue non ci sarà più passaporto francese per le imprese britanniche». Secondo Macron, se gli inglesi vorranno conservare un accesso al mercato europeo, dovranno contribuire al budget di Bruxelles, come fanno la Svizzera e la Norvegia. Inoltre, anche in caso di referendum favorevole alla permanenza nell'Ue, lo status particolare negoziato da Londra non potrà essere richiesto da altri stati europei e dovrà restare uno status straordinario.

E l'Italia? Secondo il Fondo Monetario il nostro Paese, insieme a Francia, Germania e Spagna, risentirà dell'eventuale divorzio fra la Gran Bretagna e Buxelles, ma in modo minore «rispetto alla media europea». I più esposti per i legami commerciali sono invece Malta, Irlanda, Cipro, Olanda e Belgio.

Sulle conseguenze per l'economia italiana è intervenuto ieri anche il ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, sottolineando che per noi «non ci sono problemi specifici» e che «le banche centrali hanno il compito di occuparsi della stabilità finanziaria dei mercati, quindi hanno un piano per questo».

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