L'allarme di Meloni. "Fomentano le piazze. Ma la situazione può sfuggire di mano"

"Denunciata per genocidio, non si dà più senso alle parole. Non conto le minacce"

L'allarme di Meloni. "Fomentano le piazze. Ma la situazione può sfuggire di mano"
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da Roma

Non usa la parola "golpe" come aveva fatto il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. Ma il quadro che disegna Giorgia Meloni negli studi di Porta a Porta delinea uno scenario che non ci va molto lontano. O, almeno secondo la premier, questo sarebbe il tentativo di un pezzo della sinistra. Che già in passato, è il senso del ragionamento, è arrivata al governo per via giudiziaria o grazie a colpi di mano finanziari. "È storia, è quello che abbiamo visto in questi anni e in questi mesi", dice Meloni. E, aggiunge, "ora siamo arrivati alla Corte penale internazionale, non sanno più dove denunciarci per tentare di intervenite per via giudiziaria". Il riferimento è all'esposto alla Cpi di qualche giorno fa da parte del Gap (Giuristi e avvocati per la Palestina) che accusa Meloni di essere corresponsabile di quanto sta accadendo a Gaza. "Io, i ministri Antonio Tajani e Guido Crosetto e l'ad di Leonardo" Roberto Cingolani "siamo stati denunciati per concorso in genocidio", spiega. E, aggiunge, "credo che non esista un altro caso al mondo e nella storia di una denuncia del genere".

Una denuncia che secondo la premier è solo la punta dell'iceberg di una strategia che mira a delegittimare il governo con ogni mezzo. Non lo dice esplicitamente Meloni, ma il suo ragionamento non lascia margini a dubbi. Prima il riferimento alla "storia" della sinistra e di "come è andata al governo" in passato, poi l'affondo sulla "via giudiziaria". E infine l'appello ad abbassare i toni, perché "non si ha più il senso delle parole che si usano per fare propaganda". "Il clima si sta imbarbarendo parecchio e io non conto più le minacce di morte", aggiunge ancora. "E penso che qui ci siano delle responsabilità di chi per esempio dice che hai le mani di sangue, di chi dice che questo governo è complice di un genocidio".

Una strategia che passa anche per le manifestazioni pro Pal e per uno sciopero generale che Meloni considera "pretestuoso". Perché, dice, "nei dieci anni" in cui ha governato al sinistra la Cgil ha indetto "sei scioperi generali", mentre nei tre anni del suo governo già "siamo arrivati a quattro". E quest'ultimo sulla politica estera, "un unicum nella storia del sindacato" e della Cgil che "è molto più interessata a difendere la sinistra che i lavoratori". Peraltro, aggiunge, la tesi degli "infiltrati" alla manifestazione pro-Pal "è riduttiva" quando "si consente a chi inneggia al terrorismo di Hamas di stare in testa al corteo". Insomma, un clima che secondo la presidente del Consiglio "può peggiorare". "Io sono una persona che sa stare nella dimensione del conflitto della politica, ma - dice riferendosi alla contestazione di Matteo Salvini a Livorno - stiamo cominciando a sperimentare qualcosa di diverso. E credo che chi ha pensato di fomentare la piazza lo stia sottovalutando. Attenzione perché poi le cose sfuggono di mano".

Insomma, mancano ancora quattro elezioni regionali e almeno un anno e mezzo alle politiche ma il clima è già da campagna elettorale permanente. Tanto che Meloni punta dritto sulla sinistra che "quando non ha argomenti, teme chi ne ha e l'unica cosa che può fare è dire che è un impresentabile".

La premier parla anche dell'ormai imminente manovra e annuncia che nella nuova legge di bilancio vorrebbe "dare un segnale al ceto medio". "Finora ci siamo concentrati sui redditi più bassi. Dipende sempre dalle risorse, ma ci sono diverse misure allo studio per la fascia che arriva a 50mila euro", dice Meloni. Che rivendica sia la riforma del premierato che quella dell'autonomia differenziata e rilancia il referendum sulla separazione delle carriere, "un'occasione storica" che comunque "non avrà ripercussioni sul governo".

Infine, una doppia smentita. La prima è per Matteo Renzi, secondo il quale Meloni punta al Quirinale ("mi basta e mi avanza fare il presidente del Consiglio"). La seconda è su possibili tensioni nella maggioranza. Decisamente di facciata visto il doppio cortocircuito di ieri con tanto di stracci volati in pubblico.

Il primo è quello tra Meloni e Tajani sulla Campania, visto che Forza Italia non ha per nulla gradito l'accelerazione di Fdi che ha annunciato la candidatura a governatore del viceministro Edmondo Cirielli. Il secondo quello tra Tajani e Salvini, con il leader della Lega che ha accusato apertamente Forza Italia di aver salvato Ilaria Salis nel voto segreto al Parlamento europeo.

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