"L'allarme sul fascismo è infondato". Intervista a Marco Tarchi

Il politologo: "Cosa accadrebbe se registrassero le frasi in un centro sociale?"

"L'allarme sul fascismo è infondato". Intervista a Marco Tarchi
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Marco Tarchi, politologo e professore emerito all'Università di Firenze, ideologo alla fine degli anni '70 della cosiddetta «Nuova Destra», commenta l'inchiesta giornalista di Fanpage e traccia un'analisi sull'evoluzione della destra italiana ed europea, soprattutto alla luce dei risultati delle elezioni parlamentari in Francia.

Professor Tarchi, lei ha recentemente pubblicato il saggio «Le tre età della fiamma». Dal dopoguerra a oggi, come e quanto è cambiata la destra italiana?

«Molto, ovviamente. E in modo graduale. Anche se la prima fase si può definire neofascista, all'interno del Msi si erano già manifestati segni di evoluzione significativi, che avevano suscitato vivaci confronti tra fazioni. Poi è stata la crisi del tradizionale sistema dei partiti a determinare il postfascista che ha dato vita ad Alleanza nazionale, sia pure con resistenze e fughe in avanti. Fratelli d'Italia è nata dalla crisi del berlusconismo e ha miscelato vari ingredienti, populismo e conservatorismo, per giungere all'attuale a-fascismo».

L'inchiesta di Fanpage ha destato molto scalpore. È meravigliato o preoccupato per le frasi antisemite pronunciate dai ragazzi di Gioventù Nazionale, movimento giovanile di Fratelli d'Italia?

«Da osservatore esterno che conosce un po' la mentalità di quegli ambienti, non ne sono troppo stupito e tantomeno allarmato. C'è sempre stato qualche elemento sopra le righe, propenso a esasperazioni verbali, smargiassate, battute fuori luogo. Oggi, in epoca di social, i casi di hate speech si moltiplicano da ogni parte. Sarei curioso di vedere cosa verrebbe fuori infiltrando un registratore in una sede di collettivi politici dell'ultrasinistra, dove vige ancora l'idea che uccidere un fascista non è reato'».

Lei, con il movimento denominato «Nuova Destra», ha cercato di svecchiare la destra italiana. Perché certi giovani sono ancora affascinati dai simboli e dalle mitologie del Ventennio fascista?

«Proprio perché tentativi come quello, ormai di 30-40 anni fa, sono stati emarginati e soffocati da una classe dirigente, missina e poi di An, a cui la formazione dei giovani non interessava; anzi, era vista con fastidio, perché si riteneva meglio avere dei militanti culturalmente sprovveduti o attardati ma utili ad attaccare manifesti che dei futuri concorrenti a posti di rilievo nella gerarchia».

Secondo lei, ha ragione la sinistra a lanciare in maniera sistematica l'allarme fascista oppure quello a cui assistiamo oggi è soltanto folkore?

«Sono allarmi infondati, strumentali e utili solo a mobilitare i già convinti e alimentare una sorta di guerra civile psicologica a bassa (per ora, fortunatamente) intensità».

Il lungo percorso di sdoganamento della destra italiana, dalla conventio ad excludendum della Prima Repubblica all'arrivo di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, ora ha subito una dura battuta d'arresto?

«Certamente no. Ma certi episodi dovrebbero insegnare che le evoluzioni non vanno improvvisate ma pensate, giustificate, spiegate. La logica della donna sola al comando e della sua corte di yes-men e yes-women può creare guai di questo tipo».

Un accenno sulle legislative francesi. Una vittoria del Rassemblement National che ripercussioni potrebbe avere sul futuro della destra europea?

«Non esiste una sola destra europea, come si vorrebbe far credere. Ce ne sono sempre di più, come insegnano le turbolenze degli ultimi tempi all'Europarlamento, con Orbàn che crea il suo gruppo, Le Pen che espelle l'AfD tedesca e perde altri pezzi, il Pis polacco che medita di lasciare i conservatori, Meloni che è tentata di votare von der Leyen per avere posti in Commissione. Un successo del Rn, certo, lo renderebbe centrale in questo scenario».

E Marine Le Pen, leader del Rassemblement National, può giocare un ruolo da «queenmaker» a Bruxelles?

«Non finché l'attuale maggioranza

dell'Europarlamento si servirà della sua demonizzazione per tenere in piedi un asse Ppe-socialisti-liberali che ha in sé molte incongruenze. E a Meloni questa concorrenza nel ruolo di primadonna del campo patriota non piacerà».

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