Guerra in Ucraina

L'anatema di Medvedev: "L'Occidente deve sparire". Di Maio: allontana la pace

La colomba, che è diventata falco più falco tra i putiniani, ora ci spara addosso

L'anatema di Medvedev: "L'Occidente deve sparire". Di Maio: allontana la pace

La colomba, che è diventata falco più falco tra i putiniani, ora ci spara addosso. «Odio gli occidentali. Sono dei bastardi e degenerati. Vogliono la nostra morte, quella della Russia. Finché sono vivo, farò di tutto per farli sparire». Dmitry Medvedev, alleato di lunga data del presidente russo Vladimir Putin e attualmente vicepresidente del consiglio di sicurezza della Russia, ieri mattina ha aperto Telegram e ha sparato.

Eppure c'è stato un tempo in cui Medvedev era il volto amico e gentile della Russia.

Il liberale che strizzava l'occhio alle democrazie, tanto che in molti, russi e non, quando era toccato a lui comandare, si erano per un momento illusi. L'Occidente lo aveva incasellato in una semplificazione: colomba, perchè i falchi erano gli altri, quelli spregiudicati. Lui no, tanto che, all'inizio della guerra, una manciata di analisti si fermò anche a domandarsi che fine avesse fatto, che ruolo avesse in questo conflitto.

E allora le sue parole oggi fanno ancora più impressione. «Mi viene spesso chiesto perché i miei post su Telegram sono così duri. La risposta è che li odio. Sono bastardi e secchioni. Vogliono la morte per noi, Russia. E finché sono vivo, farò di tutto per farli sparire».

Le affermazioni del vicepresidente del Consiglio di sicurezza della federazione russa, Dmitri Medvedev sono «gravissime e pericolose» secondo il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Si tratta, ha dichiarato il capo della Farnesina, di «parole inaccettabili, che ci preoccupano fortemente. Non è un segnale di dialogo, non è un'apertura verso un cessate il fuoco, non è un tentativo di ritrovare la pace, ma sono parole inequivocabili di minaccia verso chi sta cercando con insistenza la pace». Secondo il capo della Farnesina, «è doveroso smettere di alimentare tensioni con provocazioni e minacce, ribadisco: per arrivare alla pace non basta l'apertura dell'Ucraina e la spinta della comunità internazionale, ma serve la Russia e la volontà di dialogo di Putin. Le affermazioni che arrivano oggi, invece, non lasciano dubbi e allontanano da parte russa la ricerca della pace. Piuttosto danno linfa a una campagna d'odio contro l'Occidente, contro quei Paesi che stanno cercando con insistenza la fine delle ostilità in Ucraina».

Si cerca di leggere in controluce, dare una spiegazione. «Vedo in queste parole contro l'occidente un certo nervosismo da parte russa», dice il sottosegretario agli Affari Esteri e segretario di Più Europa, Benedetto Della Vedova. «Vogliono far credere che da parte nostra ci sia un'ostilità nei confronti della Russia e dei russi, ma non è cosi. Si parla di russofobia ma nessuno avrebbe mai pensato di inasprire le sanzioni nei confronti delle autorità e istituzioni finanziarie russe prima di questa aggressione».

E proprio dopo le sanioni, lunedì Medvedev si era esibito con un altro messaggio incendiario contro l'Ue. Con il sesto pacchetto di sanzioni alla Russia «gli imbecilli europei nel loro zelo hanno dimostrato ancora una volta di considerare i propri cittadini, i propri affari come nemici non meno dei russi». «Agghiaccianti le sue parole. Dichiarazioni così avventate e ricolme di odio, ricordano purtroppo le ore più buie della storia del Novecento e non possono essere accettate dalla comunità internazionale», ha detto il ministro per gli affari regionali, Mariastella Gelmini.

«Con le dichiarazioni di oggi di Medvedev è chiaro che non ci siamo, parole come queste sono le ultime che servono», ha affermato il leader della Lega, Matteo Salvini, in conferenza presso la sede della Stampa Estera a Roma. Impossibile in effetti non rimanere sconcertati. «Le affermazioni di Medvedev sono di una gravità molto rilevante.

Confermano che l'ingerenza è finalizzata ad aumentare le tensioni nelle opinioni pubbliche occidentali sfruttando gli elementi di tensione oggettiva che, paradossalmente, vengono generati dalla stessa guerra» si è aggiunto Enrico Borghi, deputato, membro del Copasir e responsabile politiche per la sicurezza della segreteria del Partito democratico.

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