L'ansia, il delitto e il pianto. "Dietro la strage di Paderno Dugnano un atto di emancipazione"

Il ragazzo: "Pensavo alla morte ma non a ucciderli. Volevo liberarmi dalla famiglia". Le lacrime con il cappellano. "Fatemi vedere il nonno"

L'ansia, il delitto e il pianto. "Dietro la strage di Paderno Dugnano un atto di emancipazione"
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È molto «provato e dispiaciuto» Riccardo, il 17enne di Paderno Dugnano che ha ucciso a coltellate la sua famiglia. Vorrebbe incontrare i suoi nonni e ha chiesto di confessarsi. Quando il cappellano del carcere Beccaria don Claudio Burgio se lo è trovato di fronte, ha visto un ragazzo «fragile ma lucido e perfettamente in grado di comunicare - dice -. Mi ha chiesto se sono quello di Non esistono ragazzi cattivi». Forse perché ha letto il libro o forse perché ne ha sentito parlare al liceo. «Abbiamo parlato a lungo, ha pianto».

«Non so darmi una spiegazione, non volevo uccidere» ha dichiarato il ragazzo nel secondo interrogatorio di ieri pomeriggio davanti alle pm della Procura dei minorenni Sabrina Ditaranto ed Elena Salatino. Un interrogatorio, durato due ore, in cui si è cercato di chiarire qualche dettaglio in più sulla dinamica dei fatti, riproponendo domande a cui era evidentemente risultato impossibile avere una risposta subito dopo la tragedia. L'obbiettivo del secondo incontro è stato quello di ricostruire le ore e gli spostamenti precedenti alla strage, quando, mentre tutti dormivano, Riccardo è andato in cucina e ha impugnato il coltello. Si tratta di dettagli importanti per verificare o escludere la premeditazione. «Vivevo da tempo un disagio. Avevo pensieri di morte ma non volevo uccidere la mia famiglia. L'idea di ucciderli l'ho maturata solo quella sera» dichiara Riccardo. La versione, che potrebbe anche essere frutto di una strategia difensiva per escludere la premeditazione, collide con il primo interrogatorio. Tuttavia al momento, conferma Sabrina Ditaranto, procuratrice facente funzione per i minori di Milano, «resta invariato il quadro accusatorio»: triplice omicidio pluriaggravato. Inizialmente il ragazzo, reo confesso, aveva dichiarato non solo di «aver pensato da giorni all'omicidio» ma anche di aver ipotizzato nella sua testa un possibile scenario da raccontare per scagionarsi: la sua intenzione sarebbe stata quella di dire di aver visto la madre ammazzare il fratellino e il padre e quindi di essersi scagliato su di lei. Poi le cose sono andate diversamente. Ha chiamato i soccorsi dicendo di aver ucciso solo il padre. Infine è crollato ed ha ammesso tutto. Alle pm il ragazzo avrebbe fornito un quadro più profondo di quello che da subito ha definito «malessere» e della sua volontà di essere «libero» e di «emanciparsi» dalla famiglia. Ma non sarebbe emerso nessun motivo particolare di screzio con i genitori, nessun elemento riconducibile all'oppressione avvertita che lo ha spinto a uccidere. «Per il pentimento c'è tempo» sostiene la pm, ben consapevole che per far emergere il movente, se ce n'è uno, bisognerà aspettare ancora. «Sta prendendo consapevolezza di ciò che ha fatto, ha un ricordo più nitido rispetto a tre giorni fa anche se non riesce a darsi una spiegazione - dichiara il suo legale, Amedeo Rizza - È pentito, prova dolore per le vite dei suoi cari perduti. Non c'è stata premeditazione, non ha avuto tempo di riflettere, se no non avrebbe mai compiuto ciò che ha fatto». Il legale di Riccardo ha comunicato che è stato deciso di nominare un tutore legale, così come previsto dalla legge. «Non è un parente - ha sottolineato - ma un collega avvocato.

I parenti in questo momento hanno un doppio ruolo - ha aggiunto - il nonno dell'indagato è anche il padre di una delle vittime, è incompatibile». L'interrogatorio per la convalida dell'arresto e la custodia cautelare in carcere è stato fissato per giovedì.

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