
L'anticipo pensionistico è stato pensato come una «scorciatoia» rispetto alla rigidità sul capitolo pensioni imposta da Bruxelles e dalla Germania per mano di Mario Monti e di Elsa Fornero. Nel caso di redditi pensionistici elevati la formula mostra tutti i propri limiti. In fondo, stiamo parlando di persone nate fra il 1951 e il 1953 che hanno versato contributi per l'intera carriera lavorativa e che vorrebbero avere libertà di scelta. Ebbene, in caso di assegno stimato a 3.500 euro lordi (2.500 euro netti) e una penalizzazione dell'Ape intorno all'6-7%, percepire 2.375 euro mensili per un anno potrebbe costare circa 250 euro al mese per 20 anni. E se l'anticipo è più consistente, il conto rischia di salire a 500 euro mensili circa per due anni e 650 euro per tre anni. Trattandosi di categorie non svantaggiate, è ipotizzabile che le detrazioni saranno minime o del tutto assenti e, in assenza di una qualche rinuncia (incasso parziale della pensione, accesso alla Rita), la soluzione non è conveniente.
Il lavoratore fa meglio a restare al proprio posto anche se nel 2018 l'età pensionabile salirà dagli attuali 66 ani e 7 mesi a 66 anni e 11 mesi. L'equazione, d'altronde, non si può risolvere senza un cospicuo intervento dello Stato che si tradurrebbe immancabilmente in più tasse.