Politica

La Pausini dice no a "Bella Ciao". E in Spagna scoppia la polemica

Durante uno show televisivo la cantante, molto popolare nella penisola iberica, ha scelto di non intonare l'inno dell'antifascismo per non diventare bersaglio delle strumentalizzazioni politiche

Credits Tommy Napolitano
Credits Tommy Napolitano

Laura Pausini è finita nell'occhio del ciclone in Spagna e la polemica sta già montando anche in Italia, dopo che la nota cantante romagnola si è rifiutata di cantare Bella Ciao durante uno show televisivo.

La Pausini, una delle artiste italiane più apprezzate all'estero specie nella penisola iberica e in sudamerica, è stata ospite del programma tv El Hormiguero, insieme ai prossimi coach di La Voz, la versione spagnola del nostro The Voice: Luis Fonsi, Pablo Lopez e Antonio Orozco. Durante lo show, il conduttore Pablo Motos ha sfidato i suoi ospiti a giocare a Fulgor (con un format ispirato a Furore). In sostanza, il gioco consiste nell'intonare una canzone basandosi su una parola a tema di solito molto vaga: nel caso specifico era Corazón (Cuore). Dopo alcuni brani in spagnolo, Laura ha scelto di cantare Cuore Matto di Little Tony, non molto popolare in Spagna.

Per uscire dall'imbarazzo, il conduttore ha scelto di intonare Bella Ciao, che gli spagnoli conoscono ormai a menadito dopo essere stata scelta come soundtrack della serie tv da record La Casa de Papel. Tentando di coinvolgere gli artisti presenti, si è beccato il rifiuto perentorio della Pausini. Il gioco è andato avanti senza drammi, ma sui social è immediatamente montata la polemica.

La canzone popolare italiana, adottata "ex-post" come inno della Resistenza antifascista, ha spinto la Pausini a chiamarsi fuori per non entrare nella politica e non alimentare speculazioni: "No, no, no... È una canzone molto politica e non voglio cantare canzoni politiche…", ha detto lì per lì. Il rifiuto, tuttavia, ha prodotto proprio ciò che temeva. Una scelta presa di petto dalla deputata socialista spagnola Adriana Lastra, che ha scritto: "Rifiutarsi di cantare una canzone antifascista dice molto della Signora Pausini e niente di positivo". Il collega del Parlamento Europeo, Ibán García, ha rincarato la dose: "Né con i democratici, né con i nazisti. Uguale".

Di fronte alle valanghe di critiche rimediate in Spagna e all'eco della polemica già arrivato anche in Italia, la Pausini ha risposto: "Non canto canzoni politiche di destra o di sinistra. Quello che penso della vita lo canto da 30 anni. Che il fascismo sia un imbarazzo assoluto sembra ovvio a tutti. Non voglio che nessuno mi usi per la propaganda politica. Non inventare ciò che non sono".

Una replica non solo ai politici ma anche ai semplici utenti che l'hanno accusata di "stare dalla parte del fascismo" o di "non voler perdere i contratti televisivi quando vince la Meloni". Un'altra storia che dimostra molto bene che tanto nel mondo del jet-set, quanto in quello della musica, dello sport, della televisione, non solo non esista l'opzione di scegliere da che parte stare, ma nemmeno quella di volersi chiamare fuori dalle diatribe politiche. Diatribe che, si badi bene, non risiedono nell'anacronistica dicotomia fascismo/comunismo, bensì in quella benpensanti/realisti.

Rifiutarsi di cantare Bella Ciao non vuol dire supportare il fascismo. Significa semplicemente evitare di diventare parte di una febbre ideologica livellatrice, quella dell'antifascismo militante, che pretende di consegnare le patenti di idoneità a chiunque grazie al suo talento sia riuscito a conquistare con l'arte il cuore di milioni di persone. Per loro è inammissibile che un personaggio di successo non risponda ai loro diktat ideologici.

Ed è inammissibile che la Pausini possa pretendere di voler continuare a fare solo e soltanto ciò che ama: cantare.

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