Berlino Accademico o nobiliare, in Germania il titolo è importante. Cento anni fa la Costituzione di Weimar ha abolito i privilegi degli aristocratici stabilendo tuttavia che i titoli nobiliari fossero ancora utilizzabili come parte del nome. Con l'abdicazione dell'imperatore e l'avvento della Repubblica, le Università tedesche sono dunque diventate le uniche fonti di nuovi titoli. Titoli che i tedeschi amano sfoggiare sui biglietti da visita, sulle targhe all'ingresso dei propri uffici e sui «cavalieri» di cartone alle conferenze. In politica, poi, il dottorato di ricerca è quasi un must. La cancelliera Angela Merkel ha un PhD in fisica quantistica e il presidente del Bundestag Wolfgang Schäuble un dottorato di ricerca in Diritto; un titolo identico a quello anche dal numero uno dei cristiano-sociali bavaresi e presidente della Baveria, Marcus Söder. La lista include anche il nuovo presidente della Spd Norbert Walter-Borjans, che ha un dottorato in Scienze sociali, e il leader dei Verdi Robert Habeck, detentore di un PhD in Filosofia.
Date le premesse, la proposta di Roland Jahn non poteva non fare rumore: nato nel 1953 a Jena, nell'orientale Turingia, Jahn è il funzionario tedesco incaricato di sorvegliare e facilitare l'accesso pubblico agli archivi della polizia segreta della Germania dell'Est la famigerata Stasi. In un'intervista alla Dpa, Jahn ha suggerito che chi in passato abbia ottenuto un dottorato di ricerca rilasciato dall'ex regime socialista andrebbe oggi ribattezzato «dottore della Stasi». «È una questione di trasparenza», ha spiegato. Negli anni Settanta l'oggi commissario federale agli archivi della polizia politica dovette abbandonare gli studi di Economia dopo aver criticato la politica del governo socialista. E oggi punta il dito contro i «dottori» sfornati dall'Istituto superiore di studi giuridici di Potsdam, il nome dietro al quale si celava il ministero per la Sicurezza di Stato della Ddr. Secondo Jahn anziché dottorati di ricerca quelli della scuola di Potsdam erano «studi per la violazione dei diritti umani». Tesi in cui si illustrava per esempio come spezzare la resistenza di una persona sottoposta a un interrogatorio. Il commissario agli archivi ha riferito di aver individuato 174 tesi di dottorato su temi ampiamente lesivi della dignità umana. Studi ai quali i più o meno giovani dottorandi della Stasi arrivavano dopo una necessaria preparazione in marxismo-leninismo, educazione fisica, corsi paramilitari e di «operatività politica». E se la sostanza non bastasse, Jahn ha messo in luce un'ulteriore aggravante di natura formale: le 174 tesi sono state cofirmate da 485 autori diversi, tutti poi laureati con il titolo di dottore. Perché alla scuola di Potsdam alcuni studi venivano discussi anche da dieci studenti alla volta. Quella di Jahn è naturalmente una provocazione: giustizia vorrebbe che «i dottori della Stasi» perdessero il loro titolo ma il trattato di riunificazione delle due Germanie ha stabilito il mutuo riconoscimento dei titoli accademici.
Fra gli studi che alcuni giovani ricercatori attivi presso l'archivio federale diretto da Jahn stanno progressivamente mettendo online ci sono quelli che illustrano i motivi per cui centinaia di migliaia di tedeschi dell'Est cercavano di scappare all'Ovest, fino a quelli che studiano le relazioni fra la Stasi e gli altri apparati di polizia della Ddr. Temi diversi per un unico obiettivo dichiarato: salvaguardare gli interessi politici del partito socialista al potere in Germania Est.
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