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"L'autoritarismo è una tentazione. Ma non siamo negli anni Trenta"

Il sociologo, Marc Lazar: "Vogliamo essere più coinvolti dalla politica. Perché non ci fidiamo più..."

"L'autoritarismo è una tentazione. Ma non siamo negli anni Trenta"

Marc Lazar è sociologo e storico della politica di fama mondiale. È professore a Sciences Po a Parigi e alla Luiss di Roma ed è un profondo conoscitore dell'Italia. Qualche mese fa, sulle pagine del Giornale, ci aveva parlato delle minacce all'Occidente e alla democrazia: le dittature, l'islamismo, le tecno-élite capitaliste. E poi quella che Carlo Levi chiamava paura della libertà, che in un clima di incertezza spinge a cedere alla tentazione di una sicurezza offerta dall'alto, magari da un governo autoritario o da un uomo forte... Proprio come suggerisce il rapporto del Censis appena pubblicato.

Professor Lazar, la sorprende il livello di diffidenza degli italiani verso la politica in generale e la democrazia in particolare?

"Non mi sorprende. Il 72 per cento di italiani che non ha fiducia nel parlamento e nei partiti è un valore alto ma, nonostante la popolarità del governo attuale e della presidente del Consiglio, in Italia rimane un malessere profondo".

È una tendenza italiana?

"Il rapporto del Censis è italiano, ma questa diffidenza non è monopolio dell'Italia. I dati ci dicono che lo stesso accade anche in altri Paesi, soprattutto in Francia, dove il livello è addirittura più alto, come mostrato dal Barometro della fiducia politica del 2025 presentato da Sciences Po e Luiss".

Però un conto è la sfiducia verso i partiti, un altro ritenere la democrazia inadeguata.

"Certo. Quasi il 40 per cento ritiene che, nel mondo selvaggio in cui siamo, la democrazia sia troppo debole. È una forma di pessimismo sul destino della democrazia e sulle sue capacità di resilienza nei confronti degli altri regimi, in un contesto internazionale così duro, che fa pensare a una comparazione storica con gli anni Trenta, però attenzione: non dico che siamo negli anni Trenta, la situazione è molto diversa".

Che somiglianze ci sono?

"Negli anni Trenta c'erano il nazismo, il fascismo, il comunismo sovietico e, anche nei Paesi democratici, come la Francia, c'era la sensazione che quei regimi fossero più forti, più determinati e più pronti ad affrontare le sfide del mondo. Ripeto: non siamo lì. Però possiamo pensare che non sia la prima volta che ci troviamo in un contesto internazionale duro che ci fa dire che le nostre democrazie siano deboli, non all'altezza".

L'autoritarismo ci tenta?

"Nel Barometro è emersa una componente di italiani e francesi secondo cui sarebbe meglio un regime più di autorità o autoritario. Non a caso, per il 62% l'Europa gioca un ruolo minore nel contesto globale: l'idea è, appunto, che noi siamo minori e gli altri più potenti".

Però un governo "più forte" è un'altra cosa dall'autocrazia, che addirittura piace a un italiano su tre.

"C'è questa tentazione di guardare a Cina, Russia, India e America - dal cui modello, peraltro, c'è una presa di distanza interessantissima - e di dire che quei regimi, o la democrazia illiberale che sta nascendo negli Stati Uniti, forse sarebbero ciò di cui avremmo bisogno anche noi. Un'altra domanda da porre è: pensate che ci debba essere più partecipazione alle questioni pubbliche?".

Risposta?

"Le persone dicono di sì: la maggioranza vuole essere più coinvolta nelle decisioni politiche. Perciò c'è questo dilemma: da una parte un mondo duro, un contesto pericoloso, da cui nasce la tentazione per l'autorità; dall'altra vogliamo essere più coinvolti nelle nostre democrazie, perché c'è diffidenza verso il parlamento e i politici. Una doppia tendenza che ci dice che le democrazie devono rinnovarsi, e molto".

Perché c'è diffidenza verso la politica ma fiducia verso un singolo "uomo forte"?

"Possiamo pensare a una aspettativa cesarista, o bonapartista diremmo in Francia, verso un uomo o una donna della provvidenza, che sarebbe una risposta al sentimento di impotenza della democrazia. Sempre negli anni Trenta, il filosofo liberale francese Raymond Aron si esprimeva con una formula bellissima a proposito del totalitarismo nazista, fascista e comunista".

Che cosa diceva Aron?

"Aron diceva: la poesia epica del totalitarismo seduce molto più che la prosa grigia della democrazia. Ripeto, non siamo di fronte alla stessa cosa, ma le sue parole potrebbero essere adattate all'oggi, ai regimi autoritari e alla prosa grigia e, aggiungerei, un po' stanca della democrazia".

Come possiamo rinnovare questa prosa?

"È necessario ricostruire la fiducia: questa è la parola chiave, fiducia, del popolo verso le élite e viceversa. E poi cercare di risolvere i problemi che spingono il 72 per cento degli italiani a non fidarsi dei partiti. C'è bisogno di una risposta da parte della politica: più fermezza, più partecipazione".

È davvero un'età selvaggia?

"Speriamo bene... L'unica speranza può arrivare dai leader europei. Saranno all'altezza? Non lo so, ma tutto dipende da loro".

La fiducia è nell'agenda politica?

"Non la vedo, per ora.

Nel suo I sonnambuli, Christopher Clark descrisse la follia dei leader prima del 1914, incapaci di evitare il disastro europeo. Ecco, forse i sonnambuli sono i dirigenti attuali e ad attenderli ci sono grandi responsabilità di fronte alla Storia, con la S maiuscola".

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