La raccomandata, datata 4 novembre, è indirizzata alle segreterie di Cgil, Cils, Uil e al ministero del Lavoro («ex Direzione generale degli Ammortizzatori sociali»). Oggetto: «Riduzione e messa in mobilità del personale». A scrivere è l'amministrazione federale della Lega nord, in grave difficoltà di cassa. «Il cambio del sistema di finanziamento pubblico - si legge - impone drastici interventi di riorganizzazione e razionalizzazione delle attuali delle strutture operative. Il mutato quadro normativo ha determinato disavanzi di esercizio che sono stati pari a 10.706.104 euro per il 2012 e pari a 14.452.985 euro per il 2013. Tendenza negativa peraltro che si conferma cneh per il 2014, per il quale le attuali previsioni di chiusura, in mancanza dei necessari e drastici interventi di ristrutturazione, prevedono un'ulteriore significativa perdita di esercizio». Ed ecco quindi i drastici interventi senza i quali il rosso della Lega passerebbe ad una tonalità preoccupante. Oltre a una generale riduzione dei costi fissi (tipo i telefoni cellulari, che a molti dipendenti sono stati già tagliati) ed «l'accentramento in tutto o in parte delle funzioni primarie della struttura del partito», il grosso riguarda il personale.
E qui al Carroccio tocca impugnare non la spada di Alberto da Giussano, ma l'accetta. Il numero di dipendenti e il numero degli esuberi individuati da via Bellerio, infatti, è lo stesso: 71. Nel prospetto allegato per il ministero del Lavoro c'è tutta la pianta organica della Lega, per livello e inquadramento. E dunque 69 impiegati, tra cui sette autisti (di cui sei dedicati a Umberto Bossi, che turnano tra Roma e Milano, e che a questo punto dovranno essere stipendiati direttamente dal fondatore della Lega, che non potrà accere al contributo di partito concordato con la precedente amministrazione leghista...), tre portieri, quattro contabili, e poi tutti gli altri dipendenti da Varese a Sondrio, da Torino a Vicenza, da Pordenone a Roma. Ad ogni numero nella colonna «dipendenti», corrisponde lo stesso numero nella colonna «esuberi».
Insomma un'ecatombe, che la segreteria federale di Salvini ha dovuto avviare suo malgrado, visto che non ci sono più soldi (anche merito della malagestione dell'allegra stagione Belsito). E quindi l'unica soluzione è la mobilità per tutti. Di qui la richiesta al ministero: «Considerato la complessiva situazione economico-finanziaria e patrimoniale - scrive l'amministrazione di via Bellerio nella raccomandata -, la Lega nord è disponibile a valutare l'applicazione di eventuali misure di sostegno al reddito ed all'occupazione per i dipendenti interessati che possano attenuare le conseguenze sul piano sociale dell'attuazione del programma di riduzioni e messa in mobilità».
E non ci sono solo i 71 esuberi del partito. Ci sono anche i dipendenti dell'Editoriale Nord, la società della Lega che edita il giornale La Padania, con un'altra ventina di dipendenti tra giornalisti e tipografi. Anche per loro, che pure sono fuori dal piano di cassa integrazione de partito, la situazione è complicata. Il governo ha messo in campo il dimezzamento dei fondi all'editoria (compresa quella di partito), da 100 a 50 milioni di euro per una quarantina e oltre di testate che finora li hanno ricevuti. Ma le coperture finora riguardano solo 27 milioni, dunque un quarto rispetto all'ammontare degli scorsi anni.
Significa, per il giornale della Lega, dover affrontare la prospettiva di non ricevere contributi pubblici. Un evento che, con le difficoltà in edicola, potrebbe significare anche la fine del quotidiano nato nel 1997, nel momento d'oro (anche per le casse) della Lega di Bossi. Un'epoca remota.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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