Roma Dalla Corte di Cassazione arriva una nuova batosta per il Carroccio e per le sue finanze: i giudici romani hanno respinto il ricorso presentato da Matteo Salvini e sancito che lo Stato si potrà rivalere per la truffa sui rimborsi elettorali anche sui fondi «leciti» del partito.
La decisione, ha spiegato ieri la Cassazione nelle motivazioni, è legittima: si può andare avanti con il sequestro dei fondi della Lega, fino a recuperare i 49 milioni di euro «truffati». E si possono requisire anche quei soldi «di accertata provenienza lecita» che derivano dai contributi privati. Viene quindi confermata la decisione del Riesame di Genova che aveva dato il via libera ai sequestri preventivi, in base alla confisca disposta nel processo per presunta truffa allo Stato sui rimborsi elettorali in cui sono stati condannati, in primo grado e in appello, l'ex leader del Carroccio Umberto Bossi, l'ex tesoriere Francesco Belsito e tre ex revisori dei conti. Il ricorso di Salvini contestava proprio la possibilità di sequestrare entrate «lecite» della Lega, che secondo i difensori non possono essere confusi con «il profitto derivato dal reato contestato». I giudici di piazza Cavour, bocciando il ricorso, hanno messo in evidenza il «principio dell'irrilevanza della provenienza del denaro, quale bene fungibile». La Cassazione, poi, non ha rilevato alcun profilo di illegittimità relativo all'«estensione del sequestro sui beni di proprietà di un soggetto giuridico», quale la Lega Nord, cui non è stato possibile costituirsi in giudizio.
Obiezione respinta dai giudici che, richiamando una sentenza emessa nel 2014 dalle sezioni unite della Corte, spiega che «è legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto rimasto nella disponibilità di una persona giuridica, derivante dal reato tributario commesso dal suo legale rappresentante, non potendo considerarsi l'ente una persona estranea al detto reato». E il partito Lega Nord, «attualmente rappresentato dal ricorrente» Matteo Salvini, si identifica «nel soggetto giuridico che ha incamerato il profitto del reato».
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