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La Lega ora è tentata di tenersi la Lombardia ma Fdi ha già messo gli occhi sul Pirellone

Il Carroccio più forte potrebbe non rinunciare alla Regione Fratelli d'Italia però l'ha già "prenotata" per uno dei suoi

La Lega ora è tentata di tenersi la Lombardia ma Fdi ha già messo gli occhi sul Pirellone
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Detto che se, come ha assicurato un rinvigorito Matteo Salvini, i patti in Veneto saranno rispettati, non c'è dubbio che una Lega che proprio lì ha doppiato i Fratelli d'Italia, tornerà a considerare contendibile la Lombardia. La Regione che, al momento di incoronare il futuro doge Alberto Stefani, era stata consegnata in dote a Giorgia Meloni e al suo console al Nord Ignazio La Russa.

E non è un caso che una della prime reazioni al voto, sia velenosamente stata consegnata a Repubblica da un fedelissimo della premier come il Responsabile nazionale del programma Francesco Filini, pronto a derubricare quello Veneto come un "voto locale" e ad assicurare che al momento giusto FdI sarà pronta a consegnare agli alleati del centrodestra "la nostra migliore proposta". Parole che già alla vigilia erano state considerate indigeste dal colonnello leghista Massimiliano Romeo, capogruppo al Senato è anche segretario della Lega Lombarda. Quel cuore dell'autonomismo del Nord che ribolle davanti all'idea di un partito nazionale ed è poco disposto a essere barattato per la presidenza del Veneto. Parole confermate in pubblico dal governatore lombardo Attilio Fontana, ma rese molto più dure in conversazioni private dagli assessori più politici della sua giunta, certi che con una candidatura FdI e magari molto identitaria, nonostante il grande vantaggio iniziale "si potrebbe anche perdere: perché la Lombardia non è Milano e la Regione si conquista nelle valli bergamasche e bresciane, in Valtellina e nelle aree agricole. E lì passa solo la Lega".

Un ragionamento non facile da far digerire a La Russa che dopo le ere Formigoni, Maroni e Fontana, è convinto di avere in mano le carte del mazzo. Anche se, al momento, l'identikit dell'uomo destinato alla successione è disegnato dalle sorelle Meloni con i tratti del presidente di Coldiretti Ettore Prandini. Una solida tradizione familiare sia politica che imprenditoriale, un'indubbia capacità manageriale, ma anche di mediazione, grande stima anche negli avversari e soprattutto un bacino di voti sterminato nelle aree agrarie che ne farebbero il candidato ideale. Fin troppo, tanto che Meloni potrebbe puntare su di lui come ministro dell'agricoltura. In quel caso l'alternativa sarebbe Carlo Fidanza, politico di lungo corso, grande esperienza in Europa, ma soprattutto un bildungsroman, un romanzo di formazione (politica) condiviso con le sorelle. Scelta che potrebbe essere accettata da La Russa in nome di quella pax tra correnti che al momento regna in Lombardia, ma che potrebbe essere infranta se La Russa decidesse di puntare su Giovanni Bozzetti, già assessore nell'ancora molto apprezzata giunta Albertini e oggi presidente della potentissima Fondazione Fiera che, anche con le Olimpiadi, sarebbe il trampolino ideale.

E la Lega? Potrebbe puntare sugli assessori Guido Guidesi (già sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri) e Massimo Sertori, ottimi amministratori che avrebbero solo bisogno di essere un po' più conosciuti anche fuori dal loro mondo.

I tempi sembrano lontani, perché dall'ultimo piano di Palazzo Lombardia smentiscono assolutamente la possibilità di una chiusura anticipata della legislatura nel 2027, ma l'imminente scelta del candidato sindaco di Milano costringe anche in Regione ad accelerare i tempi.

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