Lo ha ucciso e chiuso in un borsone, che teneva tranquillamente in casa. Clea Fernanda Maximo da Silva, giovane brasiliana, ha confessato l'omicidio del suo fidanzato, l'avvocato italiano Carlo Cicchelli. Il cadavere dell'uomo, in avanzato stato di decomposizione, è stato ritrovato nella casa in cui la coppia viveva a Maceio, nello Stato dell'Alagoas.
Secondo Globo è stata lei stessa a contattare le autorità e a confessare quello che aveva fatto. La relazione tra i due era iniziata quattro anni fa a Torino. Poi lui a giugno aveva deciso di trasferirsi con lei in Brasile, ma da oltre due mesi la famiglia della vittima non aveva più sue notizie.
Secondo il medico legale, intervenuto sul posto, l'avvocato sarebbe stato ucciso una quarantina di giorni fa. È stato prima colpito con un corpo contundente, poi finito con un coltello. L'assassina ha quindi messo il cadavere in una borsa, ritrovata sul pavimento al primo piano della casa, che insieme a lui aveva affittato tre mesi fa.
I vicini da tempo sentivano cattivo odore provenire da quell'appartamento e più di una volta avevano chiesto spiegazioni. Ma la donna ripeteva che non era nulla. E a quanti chiedevano che fine avesse fatto il fidanzato, rispondeva che si erano lasciati e lui era rientrato in Italia. Dal 25 settembre dal cellulare della vittima erano partiti messaggi con richieste di denaro ai parenti in Italia. Questi insistevano affinché Cicchelli facesse una videochiamata per confermare che stava bene. Questo ha destabilizzato l'assassina che alla fine ha ammesso di aver inviato personalmente i messaggi.
Ma prima di confessare ha inventato tre diverse versioni in merito alla scomparsa del fidanzato.
Ha detto prima di non saperne nulla, poi che era andato a San Paolo e quindi che era fuggito in Colombia, perché era stato coinvolto in una vicenda con la figlia di un trafficante di Maceió e aveva bisogno di soldi, tanto che la famiglia di Cicchelli ha inviato 5.000 euro su un conto bancario brasiliano. Ma messa alle strette ha confessato tutto ed è stata trasferita in prigione. TPa
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