Mosca. Per comprendere la disparità delle forze in campo sulla scacchiere ucraino bisogna tornare alla precedente invasione comandata da Putin per arginare l'espansione della Nato. Era l'agosto del 2008 e la macchina militare russa si mobilitò per punire la Georgia colpevole di aver flirtato con Usa e Alleanza Atlantica. Ma non fu un successo. L'avanzata delle truppe di Mosca venne rallentata da guasti, carenze tecniche e totale mancanza di coordinamento. Dietro quei problemi c'era l'obsolescenza di un armata ereditata dall'Unione Sovietica. La sofferta vittoria convinse Vladimir Putin a voltare pagina sostituendo uomini e mezzi.
Alla Difesa arrivò l'ex governatore della regione di Mosca Sergey Shoigu. Il comando delle forze armate passò, invece, nelle mani del generale Valery Gerasimov. Insieme i due avviarono una radicale riforma delle forze armate garantita da un bilancio più che raddoppiato. Grazie a una spesa che oscilla tra 135 e i 160 miliardi di euro all'anno i due hanno sostituito con modelli di nuova generazione un quarto dei mezzi e delle attrezzature militari. Grazie a quella pioggia di miliardi è stata completamente innovata la flotta aerea che oggi dispone di oltre 2.300 aerei da combattimento e 1.500 elicotteri. Tra gli aerei spicca l'Su 35, un caccia multiruolo arrivato al battesimo del fuoco in Siria a fine 2015. Tra gli elicotteri d'assalto l'Mi 28 rappresenta l'equivalente degli Apache americani e dei nostri Mangusta ed è stato ampiamente utilizzato nelle manovre di assistenza tattica ai carri armati entrati in Ucraina. Per quanto riguarda le unità corazzate i ritardi nella progettazione hanno ritardato l'entrata in esercizio del T14 Armata, un tank di prossima generazione studiato appositamente per garantire quelle piena integrazione tra guerra convenzionale, elettronica e ibrida di cui il generale Gerasimov è un vero cultore. L'esercito entrato in Ucraina può comunque contare su 20mila carri di combattimento. Tra questi il modello di punta resta ancora quel T 90 che, nonostante i venti anni di servizio e la discendenza dal vecchio T72 sovietico ha dato buona prova sul fronte siriano.
Ma il vero capolavoro di Gerasimov e Shoigu è stata la realizzazione dei progetti di «ricognizione e attacco» basati sulla trasmissione in tempo reale alle forze d'assalto dei dati raccolti da droni, satelliti e incursori incaricati di osservare movimenti e spostamenti del nemico. Seppur inferiore tecnologicamente al modello americano lo stretto coordinamento elettronico tra campo di battaglia, comandi e mezzi di ricognizione ha trasformato la mastodontica macchina militare dell'era sovietica in una struttura agile. I cosiddetti battaglioni d'assalto, costituiti mettendo assieme carri, elicotteri fanteria meccanizzata, droni e sistemi di contraerea mobili come il Pantsir S 1, rappresentano dei mini-eserciti praticamente autonomi sul campo di battaglia.
Altri investimenti chiave sono stati i missili Iskander, Kalibr e Kh 101 capaci di colpire con precisione obbiettivi distanti centinaia di chilometri. Sperimentati anch'essi in Siria si sono rivelati decisivi per l'eliminazione dei radar e dei centri di comunicazione delle forze ucraine. E a far la differenza contribuisce l'esperienza di almeno 70mila reduci dei campi di battaglia siriani.
Un numero minimo rispetto a un esercito di un milione di soldati reclutati, almeno per il 30%, con il vecchio sistema della leva. Ma comunque una punta di diamante capace di far la differenza rispetto al neonato, impreparato e male armato esercito ucraino.
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