L'eterno mistero dell'anima (ma per la scienza non esiste)

È frutto del cervello, non del cuore: muore con il corpo. Gli esperimenti: pesa 21 grammi, sopravvive 40 giorni

L'eterno mistero dell'anima (ma per la scienza non esiste)

Si dice che quando una persona muore la sua anima impieghi 17 giorni per superare e lasciare per sempre il campo elettromagnetico terrestre, e si dice anche che i familiari dei defunti continuino per lo stesso tempo a sentire la vicinanza della persona estinta, a ricevere segnali vividi e rassicuranti della sua presenza. Secondo le credenze popolari l'anima del defunto va in cielo, in paradiso, in purgatorio o all'inferno 40 giorni dopo la morte, e fino ad allora il suo spirito aleggia e resta tra i suoi cari sulla terra. Lo scienziato russo Garjaiev fu il primo a sperimentare questo spazio temporale, con una luce in una camera a vuoto, un laser a spettro variabile capace di modellarsi su un campione di Dna e riprodurre, sebbene in maniera sfumata, come un ologramma, l'immagine umana dell'anima, definita "effetto fantasma" , e quel laser ha continuato a registrare i fantasmi del defunto per 40 giorni dal decesso.

L'anima è tuttora un mistero affascinante per la maggior parte delle culture religiose e filosofiche, é oggetto delle speculazioni più disparate, viene percepita come la continuazione della vita sotto forma di spirito, viene spesso definita immortale, e pur essendo un'entità invisibile, qualcuno, come Duncan MacDougall, ha provato addirittura a pesarla con un famoso esperimento, attribuendole i 21 grammi di peso che il paziente terminale perde subito dopo l'ultimo respiro, quando appunto si suppone che l'anima lasci il corpo nel quale ha alloggiato per tutta la vita terrena.

Per la scienza invece, il problema dell'anima non si pone affatto, perché per essa, semplicemente, non esiste, né come é stata intesa nel passato, eterea, immateriale e imperitura, né come spirito empirico o ultraterreno, perché per la stessa scienza l'anima è un prodotto neurobiologico, non proviene dalle profondità del cuore, bensì dalle oscure regioni encefaliche sottocorticali, cioè dai circuiti cerebrali dai quali scaturisce la coscienza e muore nello stesso istante con essa, quando il cuore si ferma insieme agli organi vitali con tutto il substrato fisico, cervello incluso.

L'anima dunque, scientificamente, è un'emozione astratta e surreale che si rivela dalle profondità del nostro organo pensante, é già presente al momento della nascita, ma non è un'entità inanimata, indipendente e solitaria, perché biologicamente va di pari passo con la coscienza, e per struttura chimica e fenomenologia è insita in tutti i mammiferi e gran parte dei vertebrati, ovvero in tutti animali come noi.

Quindi l'anima per la scienza deriva dall'operare dei meccanismi cerebrali degli esseri viventi, si lega alla dimensione psicologica da essi prodotta, e muta a seconda del periodo che si vive, spesso riempiendo un vuoto, quello che il pensiero, la razionalità e l'intelligenza non riescono a colmare. Eppure l'anima di ognuno di noi è quella presenza impercettibile e ingombrante, che ci parla di continuo nell'intimo della coscienza, ci fa gioire o soffrire, ed essendo invisibile, senza massa organica, ovvero non organizzata come organo, risulta anche incurabile nel dolore che comporta, uno dei più potenti e strazianti, come per esempio avviene per la fine di un amore importante o in coincidenza di una perdita inesorabile. La scienza infatti, essendo scettica sulla sua esistenza, non è stata in grado di produrre un farmaco per il dolore dell'anima, quello fortissimo ed incontenibile che esplode nella disperazione, nei momenti più difficili della vita, quello che produce la depressione, anche questa aleatoria e molto difficile da curare, e poiché si presume che le emozioni dell'anima siano generate dai circuiti cerebrali, i medici di tutto il mondo sono soliti cercare di addormentare quel dolore inafferrabile e indomabile con gli psicofarmaci, per depotenziare le emozioni negative, per lenire l'angoscia o per spegnere il malessere ingravescente.

Eppure l'anima non resta mai in silenzio, ci parla continuamente nei momenti delle scelte, delle decisioni importanti, coinvolgendo e rafforzando l'istinto per guidarci, per confortarci intimamente o rimproverarci quando siamo frustrati, delusi o demotivati, ed emana sempre lo spirito vitale che la nutre, facendo sentire forte la sua presenza.

Il cervello è considerato l'organo responsabile della percezione, della memoria, dei sentimenti, della morale, dell'identità personale, della conoscenza, del pensiero, dell'intelligenza, della razionalità e finanche dell'istinto, e gli attuali studi delle neuroscienze che si interrogano sull'interiorità umana, quella che racchiude pulsioni, ambizioni, personalità ed essenza, ritengono l'anima solo l'eco della coscienza e del grado di interconnessione del cervello, unico e differente per ogni essere umano, dal momento che non esistono due cervelli identici nemmeno nei gemelli monocoriali.

Ma è proprio vero che tutto sia riconducibile all'encefalo ed è possibile spiegare l'anima in termini solo cerebrali? In realtà tutte le teorie si rivelano insufficienti nel chiarire come i diversi meccanismi dei centri nervosi e del gioco delle loro molecole siano riconducibili alla sola attività cerebrale, e tali teorie non hanno mai sacrificato del tutto la versione dell'uomo composto da anima e corpo, perché il tentativo di separarli, rafforza di fatto il concetto di anima, quella che tutti noi sentiamo di avere e custodiamo dentro il nostro corpo o il

nostro cervello, quel soffio vitale che ci anima ed ha un suo "peso" seppur immateriale, nella esistenza umana, un enigma che continua ad affascinare, e che continua ad esistere, al di là di tutte le certezze scientifiche.

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