L'Europa a trazione tedesca mette l'Italia a rischio ipoteca

I falchi di Berlino e Bruxelles studiano un fondo per i Paesi più indebitati che prevede tassi favorevoli in cambio della cessione di asset strategici e della perdita di sovranità

L'Europa a trazione tedesca mette l'Italia a rischio ipoteca

D aniele Capezzone, presidente della commissione Finanze della Camera l'ha già battezzato «Svendi Italia» e ha evocato una nuova Operazione Britannia, dal nome dello Yacht della famiglia reale inglese dove si decisero i destini delle privatizzazioni italiane degli anni Novanta. Stessi rischi di svendita di asset nazionali, senza peraltro risolvere i problemi delle finanze pubbliche italiane. Questa volta a guidare le danze sarebbero i falchi tedeschi e le istituzioni europee, attraverso un piano dal nome all'apparenza rassicurante: «European Redemption Fund». L'obiettivo non è quello di redimere i peccati dei paesi debitori, ma di favorire l'ammortamento del debito pubblico dei membri di Eurolandia che hanno superato il tetto del 60%. L'Italia è tra i primi. Se ne parla già da tempo, ma mancano ancora dettagli. Ieri il quotidiano Il Mattino ha dato per buona la versione meno favorevole all'Italia e più gradita ai rigoristi.

In sintesi: viene costituito un fondo nel quale confluiscono le quote di debito pubblico dei paesi europei che eccedono il 60% del Pil. Per alcuni significherà versare poco, per l'Italia una cifra enorme, intorno ai 900 miliardi, la ricchezza prodotta in 7-8 mesi da tutto il Paese. Il debito italiano sfiora infatti il 135% del Pil e la quota da cedere dovrebbe essere pari al 75% del prodotto interno lordo.

Il fondo emetterebbe poi titoli di debito sul mercato a tassi favorevoli, visto che sarebbe garantito da tutti i paesi dell'area Euro. I singoli paesi pagherebbero gli interessi sulla propria quota di debito anche attraverso – questo il primo dato criticato - il versamento diretto al Erf di una quota di imposte pagate dai contribuenti. Ai paesi indebitati, noi per primi, spetterebbe comunque pagare le rate di ammortamento del debito, versate secondo il timing previsto dagli accordi europei. Fino a qui, si tratterebbe di una perdita di sovranità (un pezzo di fisco finirebbe direttamente in una cassaforte europea), ma anche di uno strumento che ci garantirebbe tassi bassi e stabili.

Ad avere fatto suonare più d'un campanello d'allarme in Italia, il fatto che, la formulazione tedesca del piano - sulla quale ci sarebbe accordo tra il presidente della Bce Mario Draghi e il premier Matteo Renzi – a garanzia della nostra quota, lo Stato dovrebbe cedere asset al fondo stesso. Da capire quali. Immobili pubblici, demanio. Persino spiagge, ha spiegato al Mattino , Francesco Storace, che sull'European redemption fund batte da un po' di tempo. Ma degli asset dello stato sono anche le quote di capitale dei gruppi ancora da privatizzare.

Contro questa ipotesi c'è Forza Italia, con Capezzone che propone di puntare semmai su privatizzazioni vere. «Sono certamente favorevole, e non da oggi, alle privatizzazioni, e quindi a ipotesi ragionate di valorizzazione e vendita del patrimonio pubblico. Non a caso, prima il Pdl e poi Forza Italia (ci lavorammo in tanti: Renato Brunetta, io stesso, e altri colleghi) hanno presentato un serio piano di attacco al debito. Altro conto (per me assolutamente negativo, in termini di interesse nazionale) sarebbe invece il cosiddetto Redemption fund».

Per l'esponente azzurro «sarebbe l'anticamera della curatela fallimentare europea sull'Italia», la «prosecuzione con altri mezzi di quella “operazione-Britannia” che, nel '92-'93, portò l'Italia a perdere a prezzi da saldi di fine stagione pezzi rilevanti di chimica, meccanica, agroalimentare, e non solo».

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