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L'ex br difende Battisti: "Giustizia italiana come Inquisizione spagnola"

In un articolo pubblicato sul blog Insorgenze, l'ex brigatista Paolo Persichetti ha parlato del caso Cesare Battisti facendo un parallelismo tra l'Inquisizione spagnola e la giustizia italiana che lo ha sottoposto a un "moderno autodafé"

L'ex br difende Battisti: "Giustizia italiana come Inquisizione spagnola"

Pochi giorni dopo che Cesare Battisti ha ammesso di fronte ai giudici le sue responsabilità su quattro omicidi e tre gambizzazioni, sul blog di controcultura Insorgenze è apparso un editoriale intitolato "L'autodafé di Cesare Battisti". Un fondo nel quale l'autore, l'ex brigatista rosso Paolo Persichetti già condannato a 22 anni di carcere per concorso morale nell'omicidio del generale Licio Giorgieri, analizza il caso dell'ex membro dei Pac azzardando un discutibile parallelismo tra l'Inquisizione spagnola e la giustizia italiana. Persichetti, che sempre sullo stesso blog, l'8 febbraio, aveva pubblicato un articolo dal titolo eloquente "Battisti esibito come un trofeo di caccia", nel suo ultimo pezzo ha preso le difese di Battisti parlando di "supplizio pubblico già avvenuto al momento del suo arrivo in Italia" e di "cerchio della giustizia chiuso" grazie a una confessione da una "cella di 3 metri per 4".

"Durante l'Inquisizione spagnola - scrive Persichetti - si tenevano delle solenni cerimonie pubbliche nel corso delle quali si dava lettura delle sentenze di condanna e si celebravano le abiure. Vi partecipavano i giudici, i funzionari, gli ordini religiosi, i rei e il pubblico radunato in una piazza dove era stato eretto un palco. Gli esiti di questi autodafé potevano essere fausti o infausti, ed anche nel caso peggiore l'aver avuto salva l'anima obbligava il colpevole a dover ringraziare i propri carnefici. L'autodafé di Cesare Battisti si è tenuto, come si conviene in tempi ultramoderni e di postdemocrazia, in una sala del tribunale di Milano davanti ad un pubblico di giornalisti e televisioni". Secondo l'ex brigatista rosso, l'unico diritto concesso a Battisti è la "videoconferenza, una residua presenza virtuale per impedire che si possa gridare alla cancellazione definitiva dei diritti della difesa".

L'ex proletario armato per il comunismo "è rinchiuso in una cella all'interno di una sezione del carcere di Oristano adibita per lui e di cui resterà l'unico ospite una volta terminato il periodo di isolamento diurno. Una sorta di 'area riservata del 41 bis' del tutto abusiva, realizzata aggirando le norme dell'ordinamento penitenziario. Un regime detentivo concepito per estorcere dichiarazioni al pari del 41 bis ufficiale e che ha spinto Battisti a confessare dei reati senza aver mai preso parte al proprio processo".

"Battisti - prosegue Persichetti - non era presente durante il processo, ma lo hanno condannato al massimo della pena e quarant'anni dopo ha confessato dal fondo di quel pozzo di 3 metri per 4 che è la sua cella isolata del carcere di Oristano. Così il cerchio della giustizia si è chiuso!". Insomma, secondo Persichetti, scarcerato definitivamente nel 2014 e collaboratore di quotidiani come Il manifesto, Il garantista e Il dubbio, la confessione dei quattro omicidi e delle tre gambizzazioni fatta da Battisti nel carcere di Oristano davanti al pubblico ministero Alberto Nobili gli sarebbe stata estorta.

Con buona pace delle condanne già emesse in via definitiva dai tribunali del nostro Paese per i quattro omicidi commessi dall'ex Pac in 10 mesi tra il 1978 e il 1979.

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