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L'ex colonnello di Arcore che ora guida gli arcobaleno

Già fedelissimo di Silvio, su Twitter attacca le mosse di Fi, partito con cui è stato in Parlamento per 8 legislature

L'ex colonnello di Arcore che ora guida gli arcobaleno

Veni, vidi, Vito... Vito Elio Vito... Quis est iste? Gli amici di Forza Italia, che ha tradito per secondi, si erano persino dimenticati della sua esistenza, o al limite se lo ricordavano come uno fastidioso che continuava a parlare. Per niente. I vecchi amici radicali, che ha tradito per primi, invece se lo ricordano, eccome. Purtroppo.

Elio Vito è un lopez della politica, se non fosse per un momento di celebrità che gli regalò Silvio Berlusconi, il quale ha sempre manifestato una enorme generosità, spesso non ricambiata, verso i propri pasdaran. Fu quando, nel 2001, campagna elettorale contro il candidato premier dell'Ulivo Francesco Rutelli, Elio Vito veniva usato come sabotatore televisivo, da cui il soprannome «la Murena» per la ringhiosa combattività e la capacità di avvinghiarsi verbalmente agli avversari di Silvio senza lasciarli parlare. La sua tecnica propagandistica di rara antipatia mandava in bestia Michele Santoro, ma entusiasmava il Cavaliere. Il quale per un momento lo elesse a propria controfigura nei dibattiti in tv che preferiva evitare. «Vito, vai tu!». In napoletano si risponde: «'Un c'è prubblema».

Napoletano (sinonimo: «levantino», ossia «persona scaltra, astuta e spregiudicata»), famiglia di Fuorigrotta e dentro un'incontenibile brama di potere - 61 anni, di cui metà esatti passati a Montecitorio, una laurea in Sociologia con una tesi che poi gli è stata molto utile su «Come i media posso trattare in modo diverso lo stesso risultato elettorale», Elio Vito debutta in politica negli anni '80, quando è corrispondete da Napoli di Radio radicale e i compagni di partito devono dargli lezione di dizione per dirozzarlo da un dialetto eccessivamente stretto. È lo stesso Marco Pannella, eletto in consiglio comunale a Napoli nel 1987, che lo spinge a specializzarsi in codici, codicilli, procedure e ostruzionismi (da cui il suo motto: «Se non vuoi avere regole, le devi conoscere tutte»). Cosa che, quando sarà caposquadra del «genio guastatori» del Polo delle Libertà, gli guadagna l'affetto di Pinuccio Tatarella il quale, se voleva trarsi d'impaccio in una questione, chiudeva la questione con un: «Chiediamo a Elio!». La vita a volte sta in un cavillo... Poi, alle elezioni politiche del 1992 viene candidato alla Camera dei deputati con i Radicali ed eletto, circoscrizione Napoli-Caserta, con 576 preferenze. Un vero record. Le persone simpatiche si vedono dai piccoli numeri.

E anche quelle fedeli. Un anno, e Elio Vito è già in Forza Italia. Ce ne ha messi trenta per andarsene. E soltanto a quel punto - miracoli della politica italiana, che notoriamente è sangue e merda, ma per alcuni onorevoli di lungo corso vale solo la seconda - è diventato famoso. E come poteva essere altrimenti?

Dopo ben otto legislature, barricato dentro la Camera ininterrottamente per 340 mesi, ossia dal 26 gennaio 1994, c'era ancora la lira, al 19 giugno 2022, e immaginatevi la pensione in euro, facendo a tempo a ricoprire il ruolo di Capogruppo di Forza Italia dal 2001 al 2008 e quello di Ministro per i rapporti col Parlamento dal 2008 al 2011, Elio Vito, d'emblée, con quella prontezza di riflessi tipica dei bradipi e dei partenopei, decide di lasciare il partito perché ormai è diventato detto da lui «illiberale». Per la sua acutezza politica e lo sguardo sfuocato che gli viene dalle lenti a contatto, le carogne lo chiamano «Elio Vitreo». I suoi conoscenti napoletani, più elegantemente, «cap 'e cazz*» (Elio oggi peraltro si batte per i diritti del mondo LGBTQ+ e per l'asterisco contro l'uso del maschile sovraesteso...).

Comunque, una cosa bisogna concederla a Elio Vito. Sa fare ridere. È talmente simpatico, soprattutto ai suoi colleghi parlamentari, che non solo la Camera dei deputati ha approvato le sue dimissioni, cosa assai rara visto che nella storia della Repubblica, in nome del principio «cane non magia cane», e spesso neanche «'e zòccule», grazie all'opposizione della camera di appartenenza, alcuni parlamentari non sono riusciti a dimettersi. Ma le ha accolte al primo scrutinio. Alla fine a Elio Vito bisogna dire un grazie per le sue dimissioni da parlamentare. E due a tutti quelli che le hanno accettate.

Opportunista, senza remore, per trent'anni pretoriano di Arcore, uno al cui confronto Emilio Fede era inaffidabile, ultras azzurro, innamorato anche fisicamente di Berlusconi da cui la celebre canzone partenopea «Oje Vito, oje Vito mio/ Oje core 'e chistu core/ Silvio si stato 'o primmo ammore» oggi Elio Vito, cambiato cavallo e Cavaliere, è diventato la bandiera della Sinistra più bella e arcobaleno. È già capitato a tanti altri, che poi hanno fatto una brutta Fini. Da macchietta a eroe in men che non si Vito. Ghostwriter dell'immortale verso «Presidente siamo con te/ Menomale che Silvio c'è», oggi Elio - detto Volta&Gabbana Vito per i suoi gessati e la sua coerenza - si batte per il ddl Zan, il fine vita, lo Ius Scholae e la coltivazione domestica della cannabis, come una sardina qualsiasi. Del resto, «'O pesce fèta da 'a capa». A settembre scorso, per solidarietà col rettore Tomaso Montanari, si è persino iscritto al corso di Letteratura italiana all'Università per Stranieri di Siena. Essendo napoletano, in Toscana in effetti è un migrante.

Ormai Vito sta andando talmente a sinistra che fra poco, dopo il coming out e un giro di sirtaki con «Liberi e Uguali», farà la giravolta e si ritroverà con Giorgia Meloni, in fondo a destra. Sua moglie si è già portata avanti da tempo: lo ha lasciato e si è messa con Gianni Alemanno.

Molesto, puntuto e contestatario, famiglia di sinceri cattolici ma pronto a rifarsi una verginità politica, avvinghiato alla poltrona come una cozza agli scogli del litorale Flegreo, Elio Vito per trent'anni ci ha fracassato i rosari con la storia delle radici giudaico-cristiane dell'Europa. E l'altro giorno ha proposto di abolire il Concordato: «Occorre una discussione sui temi etici e di libertà degna di uno Stato laico, senza interferenze». Come disse Nell Kimball, autrice dell'immortale Memorie di una maîtresse: «Non c'è peggiore puttana di un ex catechista».

E poi c'è la storia di Twitter. Elio Vito, che ha scoperto i social da over 60, che è un po' come perdere la testa per una ventenne a cinquanta, è diventato una star dei social (con conseguente effetto-priapismo) grazie alle surreali posizioni contrarie al suo ex partito. Il suo ultimo tweet, ieri - «L'Italia democratica della Costituzione antifascista non può essere governata da Meloni, Berlusconi e Salvini» è puro dadaismo, se si pensa al curriculum di chi l'ha scritto. Da berlusconiano più berlusconiano di Berlusconi a clown dell'ultrasinistra antiberlusconiana in meno di 280 caratteri. La risposta migliore è nel nome scelto dal suo account-parodia. «Elio Vito ha smesso di rompere i coglioni?». Hashtag: #ElioInCercaDiPoltrona.

Intanto, per preparare il ritorno in Aula sarebbe la nona legislatura, meglio di lui solo Casini e Andreotti si è avvicinato alla corrente forzista del Pd, i cui esponenti più illustri sono Carfagna, Brunetta e Gelmini; con lui sono già in quattro. Possono giocare a scopa. Che non è molto, ma è qualcosa. «Ntiempo'e tempesta, ogne pertuso è puorte», come dicono a Napoli. «In tempi difficili anche il più piccolo appiglio è una salvezza».

Ti aspettiamo al Gay Pride, Elio.

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