Lezioni da casa per tutti. L'ira dei camici bianchi

Nessuna deroga per i figli di chi svolge lavori "essenziali". I medici: "Decisione assurda"

Lezioni da casa per tutti. L'ira dei camici bianchi

L'ipotetica opportunità - per i figli di chi svolge un «mestiere essenziale» - di frequentare la scuola in presenza, era solo una barzelletta. Ma nessuno ride. Anzi, tutti si indignano. A cominciare dai genitori che nei giorni scorsi hanno inondato le segreterie scolastiche con «autocertificazioni» attestanti l'«indispensabilità» della propria professione. In mancanza di criteri certi e alle prese con circolari ministeriali che si smentivano l'un l'altra, i presidi hanno cercato di barcamenarsi alla meglio: prima hanno detto «sì» a tutti; poi, visto il caos che stava montando, hanno cominciato a opporre qualche «no»; infine - dopo aver chiesto lumi al ministero dell'Istruzione - hanno riaffermato l'obbligatorietà «per tutti» della didattica a distanza; ammessi in aula unicamente gli studenti con disabilità o bisogni educativi speciali. Le statistiche parlano di nove studenti su dieci ai «domiciliari» con la Dad, cifra che in questa terza ondata di contagio si è ampliata a dismisura inglobando gradualmente un'utenza sempre più giovane fino a toccare elementari e scuole d'infanzia. Sullo sfondo una «guerra» - davvero poco commendevole - tra burocrati ministeriali (quelli vecchi legati all'ex ministra Lucia Azzolina opposti ai nuovi nominati dall'attuale ministro Patrizio Bianchi) che nelle ultime ore hanno dato vita a un balletto di note e contronote. Risultato: per qualche giorno si è dato corso alle esenzioni legate ai «mestieri indispensabili», ma da oggi tutto tornerà come se la circolare sulle «professioni indispensabili» non fosse mai stata emanata. Un'ennesima tegola sulle famiglie, costrette a organizzarsi e (dis)organizzarsi in base ai capricci degli «esperti» del ministero. Presidi e genitori, ormai sull'orlo di una crisi di nervi, hanno scritto al dicastero di viale Trastevere, ricordando come spetti al ministero «adottare decisioni precise all'insegna della chiarezza normativa». Insomma, esattamente l'opposto di quanto fatto finora. Gravissimi i disagi: da giorni infatti i genitori dei 5,7 milioni di alunni (secondo i calcoli di Tuttoscuola) per i quali è stata prevista la didattica a distanza si chiedono se possono mandare i figli a scuola. Ora il rebus è stato risolto: si resta a casa e poco importa se questo metterà in crisi il lavoro di mamma o papà. Ma non tutte le categorie professionali ci stanno ad accettare questa situazione. A cominciare dalla Fnomceo (la Federazione degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri) da cui parte una dura denuncia: «Siamo sconcertati per il susseguirsi di decisioni contrastanti sulla possibilità per i figli dei medici, degli odontoiatri e dei sanitari in genere di poter frequentare la scuola in presenza. Avevamo chiesto, per l'8 marzo, un cambio di passo nelle organizzazioni sociali, che consentisse alle professioniste e ai professionisti di conciliare la vita lavorativa con quella familiare: proprio oggi, invece, i nostri figli trovano chiuse, in molte regioni, e senza preavviso, le porte dei loro istituti scolastici», accusa il presidente, Filippo Anelli.

Il Piano Scuola 2020-2021 garantiva per i figli degli «operatori sanitari» la possibilità di rimanere in aula. Ora la retromarcia. Nessuna categoria «protetta». Dinanzi all'emergenza pandemia non possono esserci figli e figliastri.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica